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Omicidio Yara, la vita di Bossetti in carcere: i detenuti gli tirano le pietre

Prega, lavora da muratore, scrive qualche lettera, ma per il resto l’ergastolano Massimo Giuseppe Bossetti è un “invisibile” nel carcere di Bergamo. Qualche giorno è stato vittima dello spiacevole incidente. Nessuno comunque è rimasto ferito.
A cura di B. C.
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Massimo Giuseppe Bossetti, condannato all’ergastolo per l’omicidio di Yara Gambirasio, poteva essere colpito da una pietra nel carcere di Bergamo dove è rinchiuso. L’ex muratore di Mapello è finito con altri 17 reclusi in una sezione speciale destinata a chi commette reati a sfondo sessuale, come scrive Libero Quotidiano. Si sa che i detenuti che si macchiano di questi delitti non godono della simpatia degli altri carcerati, tanto che qualche giorno fa nella loro ala è stata indirizzata una pietra. Il sasso, scagliato dal cortile dei detenuti comuni, non ha colpito nessuno. Ma se non fosse per questo episodio, Bossetti in carcere sarebbe un “invisibile”.

Poche parole con la polizia penitenziaria, ma sempre educatissimo: buongiorno, buonasera, posso?, grazie. Appena può, butta un occhio alla tv e a qualche rivista. Non fuma. Non parla di calcio. Tre mesi fa, è stata persa una sua raccomandata. Eppure Bossetti non ha fatto reclamo ufficiale. ‘Non voglio problemi, sono cose che capitano’ ha detto” scrive Libero.

Un comportamento dunque irreprensibile, e anche per questo non è prevista una sorveglianza speciale. L' avvocato del carpentiere, Claudio Salvagni, conferma che in via Gleno Massimo “ha un comportamento ineccepibile, come è giusto che sia, e non ha alcun tipo di problema”. La stessa opinione di Benedetto Bonomo, il legale della sorella di Bossetti e della mamma. Al massimo qualche tensione può esserci con l' avvicinarsi del processo d' Appello. La speranza di Bossetti è di ribaltare la sentenza di primo grado. Per lui ha parlato anche don Fausto Resmini, il cappellano del carcere: “Da quando si è allentata la pressione dei media, Massimo sembra davvero più sereno”.  Bossetti va in cappella, prega, ma non chiede un'assistenza spirituale particolare. Sembra preferire le attività lavorative in carcere.

Gli hanno chiesto di abbattere un muro di una cella, per allargare lo spazio dedicato a un salone. Nel giro di poche ore, aveva portato a termine l' impresa. ‘Puoi anche rallentare…’, gli hanno detto gli agenti. In questi giorni, sta operando di cazzuola con alcuni reclusi comuni. In un' altra sezione, diversa da quella dei dannati, ma dove il rischio di ritorsioni è minimo. Bossetti sgobba. Sguardo basso. Poche parole. Un invisibile.

Bossetti ha ancora qualche scambio epistolare, anche se la corrispondenza con Gina, un'altra detenuta, è diminuito e forse terminato. Ma aiuta qualche altro condannato a comunicare con l’esterno. In particolare, avrebbe aiutato un uomo coinvolto nella storia del cosiddetto ‘killer delle vecchiette’, il tunisino che – tra il 1995 e il 1997 – ammazzò 14 anziane in Puglia e Basilicata prima di essere fermato (è stato trovato morto in cella, a Padova, nel 2012).

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