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Omicidio Varani, coca, sesso, soldi e follia. Le prove contro Marco e Manuel

Luca Varani è morto per le torture subite durante un festino a base di droga e sesso nella casa di Manuel Foffo al Collatino, a Roma. Il trentenne e l’amante, Marco Prato verranno processati a breve per il delitto. Entrambi hanno confessato rimpallandosi le responsabilità, ma le tracce organiche sulle armi usate per torturare il 23enne potranno aiutare gli inquirenti a ricostruire i ruoli di entrambi nel brutale assassinio.
A cura di Angela Marino
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Ci sono tracce biologiche degli assassini sulle armi utilizzate da Manuel FoffoMarco Prato per torturare Luca Varani, il ragazzo morto al Collatino, la notte tra il 3 e il 4 marzo 2016 durante un festino gay a base di sesso e droga. È quanto emerge dalle cento pagine dell’autopsia al vaglio del pm Francesco Scavo, alla guida delle indagini sulla morte del ragazzo. Si tratta di due coltelli ed il martello con il quale il 23enne è stato seviziato per ore. Proprio nelle torture i medici dell'istituto di Medicina legale dell'università La Sapienza hanno identificato la causa della morte e non nella coltellata al cuore, come ipotizzato nelle prime fasi delle indagini. Il prossimo 27 settembre è previsto l'incidente probatorio con i risultati del test tossicologico.

Il ritrovamento

Il 5 marzo 2016, i carabinieri entrano nell'appartamento in via Igino Giordani al Collatino dove vive Manuel Foffo. Sul letto c'è il corpo senza vita di Luca con un coltello conficcato nel cuore. Sul corpo sono evidenti i segni di trenta coltellate inferte in vari punti e di numerose martellate. Il collo è stato tranciato con una lama per poi essere stretto con laccio nel tentativo, forse, di soffocare le urla del ragazzo sul quale è stata esercitata una ferocia senza precedenti.

La confessione di Foffo: "Volevamo uccidere qualcuno"

Come sono arrivati i carabinieri nell'appartamento del Collatino? Nel caso dell'omicidio di Luca Varani, a condurre gli investigatori sulla scena del crimine è proprio uno dei due presunti assassini: a più di 24 ore dalla morte di Luca, con il suo cadavere orrendamente scempiato ancora in casa, Manuel Foffo confessa tutto al padre. È al funerale di uno zio che il 29enne prende finalmente coscienza di quello che è avvenuto e si confida, a quel punto, Valter Foffo accompagna suo figlio dritto dai carabinieri. "Io e Marco – racconta il ragazzo riferendosi all'amico – ci siamo organizzati per trascorrere del tempo insieme. Facevamo uso di cocaina entrambi. Ci siamo chiusi in casa mercoledì 2 marzo. Non abbiamo mai mangiato né dormito". È in questo contesto che tra Foffo e quello che descrive come il suo amante, Marco Prato, matura il piano di uccidere qualcuno, per "capire cosa si prova". È di Marco, 30enne mondano e pr con una rubrica piena di numeri telefonici, l'idea di chiamare Luca Varani.

La trappola

Il 4 marzo il 29enne manda un messaggio WhatsApp a Luca, il giovane, stando a quando racconta Foffo, accetta la proposta di un festino a base di sesso e droga in cambio di un compenso di 150 euro. La "preda" è stata catturata. "Quando è arrivato c’è stato quasi un tacito accordo tra me e Marco – dirà Manuel ai carabinieri – gli abbiamo offerto alcol nel quale aveva versato Alcover. Poi Luca ha sofferto tanto". Foffo e Prato finiscono entrambi in carcere. E iniziano ad accusarsi a vicenda: "È stato lui a colpire al cuore Varani. Lui a ucciderlo senza pietà mentre Luca si lamentava e chiedeva di non morire. Voleva che partecipassi all’omicidio. Io ho provato a stringere le mani intorno al collo della vittima, ma non ci sono riuscito, e allora Foffo gli ha tagliato le corde vocali per paura che gridasse. Avevo pietà per quel ragazzo, ho preso un piumino e l’ho coperto. Poi Manuel è sceso al piano di sotto dove abita la madre che era in casa. Era tutto sporco di sangue. Ha preso degli stracci e mi ha costretto a pulire. Mi trattava come una femminuccia. Io gay e lui che si dichiarava etero". In una seconda confessione Prato rivelerà di essersi vestito da donna per soddisfare le fantasie di Manuel.

Il tentato suicidio di Foffo

Dopo il delitto Marco Prato tenta il suicidio in una stanza d'albergo ingurgitando cinque scatole di Minias, un farmaco utilizzato come calmante. A verbale Foffo racconterà di aver pagato sia il medicinale che la stanza dell'hotel con il proprio bancomat: per tale ragione il ragazzo viene sospettato di istigazione al suicidio.

Il clamore mediatico

Il caso Varani sconvolge profondamente l'opinione pubblica. In nomi di Foffo e Prato compaiono quasi quotidianamente sulle pagine dei giornali. Consapevole dell'attenzione mediatica Manuel Foffo rilascia diverse interviste, tra cui quella al settimanale Panorama, in cui dichiara: "Ho filmato Luca Varani mentre era a terra, agonizzante". Gli inquirenti cominciano a cercare le immagini sul telefono cellulare del ragazzo. Il caso diventa così popolare che Pietro Maso, noto per aver sterminato la famiglia nel 1991 con la complicità di tre amici, scrive a Foffo in carcere: "Non posso biasimarti per quello che hai fatto". Ad attirare l'attenzione di Maso tanto da spingerlo a scrivere è stata una frase choc pronunciata dal pr: "Volevo uccidere mio padre" disse durante un interrogatorio "forse per questo ho combinato tutto questo, volevo vendicarmi di lui".

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