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Omicidio stradale, una follia giuridica

Ieri il Senato ha approvato il reato di omicidio stradale colposo. Una legge ben accolta dall’opinione pubblica, che però rappresenta un’autentica aberrazione del diritto e del buon senso.
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A cura di Charlotte Matteini
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E' stato approvato ieri, dopo un lungo iter parlamentare, il reato di omicidio stradale e lesioni personali stradali. Il disegno di legge si propone di introdurre nuove e più aspre sanzioni per punire tutti quei comportamenti alla guida che, pur restando "colposi" ovvero non intenzionali, provocano comunque la morte o il ferimento di persone.

In pratica, queste due nuove fattispecie di reato puniranno un evento colposo come fosse volontario, introducendo pene decisamente più alte rispetto a quelle attualmente in vigore per l'omicidio colposo (dai 2 ai 7 anni), che non subisce invece alcuna modifica. Se da un lato questo tipo di provvedimento accontenta le famiglie delle vittime della strada, che probabilmente si sentono rassicurate dall'introduzione di questa nuova tipologia di reato, dall'altro è importante spiegare per quale motivo questa legge è un'autentica aberrazione del diritto e del buon senso.

Senza troppi giri di parole, una legge che si prefigge l'obiettivo di sovvertire dei principi costituzionali non può essere considerata una buona legge. E infatti il Ddl sull'omicidio stradale non lo è, affatto. In sostanza, l'invenzione di questo tipo di reato presuppone che chiunque si metta al guida sia un potenziale assassino per dolo, non è prevista la mera distrazione del guidatore, l'errore umano. Il reato rimane comunque colposo, ma le pene introdotte sono molto alte: fino a 12 anni di reclusione per omicidio colposo in stato di ebrezza, 15 in caso di fuga, 18 in caso di omicidio plurimo, dai 5 ai 10 anni per gli omicidi stradali occorsi per violazione di norme del codice della strada – attraversamento di incrocio in presenza di semaforo rosso, inversione a U in zona non consentita, sorpasso azzardato – e viene inoltre aumentata la prescrizione fino a 30 – una follia, trattandosi comunque di reato colposo e non perdurando di certo per tre decenni l'interesse dello Stato a punire una violazione che sotto ogni punto di vista è priva di dolo.

Non sarà di certo l'inasprimento delle pene a produrre effetti deterrenti sui comportamenti di potenziali violatori del codice della strada, tantomeno la galera restituirà mai le vittime ai propri cari. L'introduzione di un reato del genere ha una sola ragione di esistere: appagare la sete di giustizia del popolo. Ma la Giustizia non è vendetta, il suo scopo deve tendere sempre alla rieducazione del reo, non alla mera azione punitiva. E nel caso di eventi privi addirittura di intenzionalità, non può essere giuridicamente sensato sostenere che debbano essere sanzionati così duramente, arrivando a infliggere potenzialmente delle pene che sfiorano i minimi edittali previsti per l'omicidio volontario.

Come l'ha giustamente definito il Senatore Luigi Manconi, "Il reato di omicidio stradale è un pessimo esempio di populismo penale". Nessun giudizio appare più vero e giuridicamente sensato.

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Milanese, classe 1987, da sempre appassionata di politica. Il mio morboso interesse per la materia affonda le sue radici nel lontano 1993, in piena Tangentopoli, grazie a (o per colpa di) mio padre, che al posto di farmi vedere i cartoni animati, mi iniziò al magico mondo delle meraviglie costringendomi a seguire estenuanti maratone politiche. Dopo un'adolescenza turbolenta da pasionaria di sinistra, a 19 anni circa ho cominciato a mettere in discussione le mie idee e con il tempo sono diventata una liberale, liberista e libertaria convinta.
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