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Oltre dodici milioni di italiani a basso reddito rinunciano a curarsi per motivi economici

Complici le lunghe attese imposte dal sistema sanitario nazionale in perenne carenza di risorse, sono oltre 12 milioni gli italiani a basso reddito che nel corso dell’anno 2016 hanno rinunciato a curarsi. Non potendo far fronte alla spesa privatamente, molti contribuenti dunque preferiscono rinunciare ai controlli. Di contro, cresce la quota di italiani che arriva a indebitarsi per potersi pagare le cure necessarie. La spesa sanitaria privata ha ormai superato i 35 miliardi di euro, una sorta di tassa occulta che pesa 580 euro all’anno pro-capite.
A cura di Charlotte Matteini
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Oltre dodici milioni di italiani rinunciano a curarsi causa crisi economica. Secondo quanto rilevato dal VII Rapporto RBM – Censis sulla Sanità in Italia, il sistema sanitario nazionale sarebbe ormai al collasso per mancanza di risorse e queste problematiche si riflettono su quella parte di popolazione a basso reddito impossibilitata a ricorrere alla sanità privata. Insomma, tra liste d'attesa sempre più lunghe e cronica carenza di risorse, dodici milioni di italiani rinunciano a fare esami e controlli, 1, 2 milioni in più rispetto allo scorso anno. Di questi  12,2 milioni di contribuenti, 2/3 sono affetti da malattie croniche, a basso reddito, donne e non autosufficienti. Non solo: 7,8 milioni di italiani hanno dovuto invece spendere i propri risparmi o indebitarsi con parenti, amici o banche per coprire le spese sanitarie necessarie e non differibili. I tempi di attesa per alcuni accertamenti di controllo che il sistema sanitario consiglia di eseguire per prevenire patologie, come possono essere ad esempio il tumore al seno per le donne o quello alla prostata per gli uomini, sono infinite.

Per una mammografia, le donne over 50 aspettano in media 122 giorni, 60 in più rispetto ai tempi d'attesa del 2014. Nel Mezzogiorno, per lo stesso tipo di esame diagnostico, l’attesa arriva a toccare i 142 giorni. “Per una colonscopia l’attesa media è di 93 giorni ma al Centro di giorni ce ne vogliono 109. Per una risonanza magnetica si attendono in media 80 giorni, ma al Sud sono necessari 111 giorni” ha spiegato Francesco Maietta, responsabile dell’Area Politiche sociali del Censis. Sono invece 67 i giorni di attesa per una visita cardiologica,  79 giorni in Centro Italia. Per una visita ginecologica si attendono in media 47 giorni, 72 al Centro. Per una visita ortopedica 66 giorni (+18 giorni rispetto al 2014), con un picco di 77 giorni al Sud. Questi tempi di attesa portano i contribuenti che possono permetterselo a ricorrere alle prestazioni erogate dalla sanità privata, ma sempre più spesso la popolazione del segmento a basso reddito rinuncia a cure e controlli.

Cosa pensano gli italiani del Sistema sanitario nazionale? Stando al rapporto Censis, il 64,5% si considera soddisfatto, mentre il 35,5% insoddisfatto. Al Sud però i soddisfatti sono solo il 47,3%, il 60,4% al Centro, il 76,4% al Nord-Ovest e l’80,9% al Nord-Est. "Dati  che spiegano come mai continua a crescere anche la mobilità sanitaria che è passata da un costo di 3,9 miliardi nel 2015 a quota 4,3 miliardi nel 2016 e che riguarda tra i 6 e gli 8 milioni di cosiddetti ‘pendolari della sanità'", spiega sempre Maietta. Nel corso degli ultimi anni la spesa sanitaria privata è cresciuta senza sosta, sforando quest’anno quota 35 miliardi, una sorta di ulteriore “tassa” occulta che oggi pesa per circa 580 euro pro capite, e che di qui a 10 anni finirà per superare gli oltre 1.000 euro a testa.

Quali sono le spese sanitarie considerate meno accessibili? “Al primo posto le visite specialistiche (74,7%), seguite dall’acquisto dei farmaci o dal pagamento del ticket (53,2%), per proseguire con gli accertamenti diagnostici (41,1%), l’odontoiatria (40,2%), le analisi del sangue (31%), lenti e occhiali da vista (26,6%), le prestazioni di riabilitazione (14,2%), protesi, tutori, ausili vari (8,9%), e per concludere le spese di assistenza sociosanitaria”. Tra i cittadini che hanno dovuto affrontare spese sanitarie private, hanno incontrato difficoltà economiche il 74,5% delle persone a basso reddito (ma anche il 15,6% delle persone benestanti), il 21,8% al Nord, il 35,2% al Centro, fino al 53,8% al Sud. E hanno avuto difficoltà il 51,4% delle famiglie con al proprio interno una persona non autosufficiente che hanno affrontato spese sanitarie di tasca propria.

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