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Olimpiadi, Boston e la Svezia dicono no. Roma invece…

Il caso della Grecia non ha insegnato nulla: i Giochi del 2004 sono stati per Atene l’inizio della fine. Stoccolma ha fatto quasi subito retromarcia per spendere più saggiamente quei soldi. Stesso discorso per Boston. E se perfino a Londra i costi sono lievitati di quattro volte, perché l’Italia pensa davvero a Roma 2024?
A cura di Mirko Bellis
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Olimpiadi 2024
Logo delle città candidate alle Olimpiadi 2024

Mancano pochi mesi alla cerimonia di inaugurazione delle Olimpiadi di Rio 2016 ma l’Italia guarda già a quelle del 2024. Roma è tra i quattro candidati rimasti in lizza per ospitare i Giochi della XXXIII Olimpiade. La selezione della città organizzatrice è iniziata nel 2015 e la decisione definitiva sarà presa l'11 settembre 2017 dal Comitato Olimpico Internazionale a Lima, in Perù. Roma, che non ospita le Olimpiadi dal 1960, dovrà vedersela con Parigi, Los Angeles e Budapest.

Il Comitato promotore dei Giochi di Roma 2024, presieduto da Luca Cordero di Montezemolo, ha già svelato il proprio logo: un’immagine che unisce i simboli dell’Italia (il Tricolore) e Roma (il Colosseo), fusi in una versione stilizzata di una pista d’atletica. Montezemolo si mostra entusiasta della candidatura di Roma: “I Giochi – ha dichiarato in una recente intervista al Corriere della Sera – servirebbero alla città per riprendere slancio, come è accaduto con Roma ‘60 e come è avvenuto a Milano con l’Expo”.

Ma è veramente vantaggioso ospitare i Giochi Olimpici? 

Il caso della Grecia in questo senso appare drammatico. Le Olimpiadi organizzate da Atene nel 2004 sono state – secondo molti osservatori – una delle cause del declino del Paese. I contribuenti greci dovranno continuare a pagare nuove tasse fino al 2030 per ripianare l’enorme “buco” di bilancio generato dai Giochi. Toronto, una delle capitali in corsa per le Olimpiadi 2024, ha ritirato all'ultimo momento la sua candidatura. Il sindaco della città canadese, John Tory, ha dovuto gettare la spugna visto lo scarso appoggio finanziario dei privati. Secondo i calcoli dell’amministrazione, solo la presentazione della candidatura ai Giochi avrebbe avuto un costo di 60 milioni di dollari.

Anche nel caso del ritiro di Stoccolma dalle Olimpiadi invernali del 2022 ci sono ragioni finanziarie. La municipalità della capitale svedese ha deciso di non supportare la candidatura in quanto avrebbe significato "una speculazione troppo rischiosa per i soldi dei contribuenti", come affermato da Ewa Samuelsson, uno dei membri del consiglio comunale. Sten Nordin, sindaco della città, nell'annunciare il ritiro ha dichiarato: "Organizzare le Olimpiadi invernali significa un grande investimento finanziario in nuovi impianti sportivi, ad esempio per la pista di bob e slittino, di cui non ci sarà nessun bisogno una volta concluse le competizioni”.

In altri Paesi invece l'ultima parola è stata data ai cittadini. E’ il caso di Amburgo, fino a poco tempo fa ancora in lizza per ospitare l'evento sportivo nel 2024, dove in un referendum popolare celebrato a fine novembre 2015, il 51,7% dei cittadini ha bocciato la candidatura della città tedesca. Gli attentati di Parigi, avvenuti solo poche settimane prima della consultazione, hanno presumibilmente condizionato il voto. L'esito del voto popolare è stato un duro colpo per il comitato olimpico tedesco. E così anche quella che sembrava essere la città più entusiasta e favorevole all'organizzazione dei Giochi – gli ultimi sondaggi prima del referendum davano i Sì al 60% –  ha dovuto ritirarsi.

Amburgo non è stata l’unica a fare marcia indietro dopo aver ascoltato i suoi cittadini. A Boston, l’opposizione degli abitanti ha costretto l’anno scorso il sindaco Marty J. Walsh a ritirare la candidatura. Nella città della costa atlantica degli Stati Uniti, il comitato No Boston Olympics, un forte movimento nato dal basso aveva contestato l’organizzazione fin dal primo momento. Le principali obiezioni sono state anche in questo caso di natura economica. Secondo uno studio realizzato da un gruppo di esperti, i costi dell’evento sarebbero stati di oltre 14 miliardi di dollari. Nonostante il rientro in termini d’immagine, i promotori del No hanno sottolineato come le priorità per la città fossero altre: “Ogni dollaro speso per l’organizzazione delle Olimpiadi sarà un dollaro in meno per le nostre scuole, per gli ospedali o per ridurre al violenza urbana”. Lo studio ha dimostrato inoltre che i Giochi olimpici non comportano un miglioramento economico. Allen Sanderson, economista dell’Università di Chicago, dopo aver comparato la crescita delle città che hanno ospitato i Giochi, ha affermato: “Abbiamo esaminato il turismo, l'edilizia e le entrate fiscali, sia prima che dopo. E non abbiamo trovato nessuna differenza significativa".

Per capire le resistenze della popolazione rispetto a questo importante evento sportivo è sufficiente guardare alla differenza tra i costi previsti prima delle Olimpiadi e il loro reale ammontare per le casse pubbliche. I giochi di Londra 2012 sono costati ufficialmente 8,77 miliardi di sterline, mentre il budget iniziale presentato al momento della candidatura era di 2,4 miliardi.

E cosa succede nelle città che hanno ospitato i Giochi una volta spenta la fiamma olimpica? Il fotografo Jon Pack e il regista Gary Hustwit sono andati in giro per il mondo a visitare le città dove si sono svolte le Olimpiadi. Il loro reportage The Olympic City Project mostra come, una volta spenti i riflettori sulla competizione, negli impianti sportivi ultramoderni regni il degrado, la sporcizia e l’abbandono. Le costosissime strutture sono diventate in alcuni casi prigioni, alloggi, centri commerciali, palestre e chiese. La maggior parte delle volte però i progetti ultra milionari non hanno mantenuto le promesse sui benefici che i Giochi avrebbero portato. I siti olimpici si sono trasformati – nelle parole degli autori del reportage – “in tragiche capsule temporali”.

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