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Oggi lo sciopero degli operatori dei call center per dire “no alle delocalizzazioni”

Il sindacato: “I problemi nel settore dei call center sono diventati cronici: chiediamo lo stop alle delocalizzazioni e lo stop delle gare al massimo ribasso che generano un continuo passaggio di commesse da un’azienda all’altra”.
A cura di Davide Falcioni
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Una lavoratrice del call center

"Stop ai call center che dall'Italia delocalizzano in Albania, Romania, Tunisia per pagare di meno i dipendenti": è quest lo slogan adottato dalle organizzazioni sindacali del settore – SLC Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil – riguardo lo sciopero degli operatori telefonici, che riguarderà la giornata odierna. Un corteo è partito da Piazza della Repubblica a Roma e, intorno alle 12 e 30, i lavoratori raggiungeranno Piazza Santi Apostoli, dove si terrà un comizio finale. La mobilitazione riguarda tutti i call center in outsourcing e intende dire  "basta all'assenza di regole, alla delocalizzazione selvaggia e a una legislazione sugli appalti che non tutela i lavoratori".

Cisl: "Stop a delocalizzazioni e gare al ribasso"

Giorgio Serao, segretario generale della Fistel Cisl, afferma: "I problemi nel settore dei call center sono diventati cronici: chiediamo lo stop alle delocalizzazioni, lo stop delle gare al massimo ribasso che generano un continuo passaggio di commesse da un'azienda all'altra mettendo a rischio il posto di lavoro del singolo che, pur essendo stato assunto grazie alla circolare Damiano con un contratto a tempo indeterminato, se non c'è più la commessa rimane disoccupato: chiediamo quindi l'estensione dell'articolo 2112 del Codice civile per il cambio di appalto in modo che il dipendente mantenga stessa paga e diritti. E chiediamo anche una riduzione dell'Irap che è una tassa sul lavoro: queste sono aziende labour intensive cioè dove il lavoro influisce sul fatturato".

A rischio 10mila posti di lavoro nei prossimi mesi

La situazione del settore è a dir poco critica ed emblematico è il caso dei 200 lavoratori della Voice Care, società che gestiva per Seat il Pronto Pagine Gialle, finiti a casa senza cassa integrazione a causa del fallimento dell'azienda. "Sono a rischio 10 mila posti nei prossimi mesi – spiega Serao -. Abbiamo aperto un tavolo con il ministero dello Sviluppo economico: chiediamo il rispetto dell'articolo 24 bis del decreto Sviluppo del 2012 che obbliga la società ad avvisare 120 giorni prima il ministero del Lavoro e il Garante della privacy del trasferimento dell’attività in un Paese straniero e prevede per i clienti il diritto di scegliere se essere assistiti da un operatore all'estero o in Italia"

Call center: settore che dà lavoro a 20mila persone, soprattutto donne

Il settore dei call center dà lavoro a 20mila persone in Italia: l'età media degli operatori è di 35 anni e si tratta per lo più di donne. Il maggior numero di imprese si trova nel sud Italia, tra catania, Palermo, Taranto e Reggio Calabria. Il 66% del fatturato totale – pari a circa 1,3 miliardi di euro – viene fatto dalle 10 aziende principali: Almaviva, Comdata, Call&Call, Transcom, Visiant, Teleperformance, Ecare, 3G, Infocontact, Gruppo Abramo. Malgrado i profitti non siano affatto bassi, molte società stanno delocalizzando all'estero, in paesi in cui il costo del lavoro è sensibilmente più basso e i diritti degli operatori di gran lunga minori.

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