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Ocse: i milioni di posti di lavoro persi durante la crisi difficilmente ritorneranno

In Italia picco di giovani senza lavoro o che sono condannati al precariato a vita.
A cura di Antonio Palma
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La crisi è costata nel mondo milioni di posti di lavoro e nonostante la lenta ripresa economica degli ultimi mesi difficilmente saranno recuperati a breve. È quanto segnala l'Ocse nel suo ultimo rapporto sull'occupazione nei Paesi membri e sugli sviluppi futuri della crisi occupazionale. Secondo lo studio, attualmente in tutta l'area OCSE circa 42 milioni di persone sono senza lavoro, in calo rispetto ai 45 milioni nel 2014 ma ancora 10 milioni in più rispetto al periodo prima della crisi economica mondiale. Per il futuro le cose non sono destinate ad andare meglio visto che, secondo le previsioni, l'occupazione rimarrà ben al di sotto dei livelli pre-crisi in molti paesi, soprattutto in Europa, almeno fino alla fine del 2016. Nel dettaglio, la disoccupazione nei 34 paesi dell'OCSE si prevede che continuerà a diminuire lentamente nei prossimi 18 mesi per raggiungere mediamente il 6,5% nel corso dell'ultimo trimestre del 2016, ma resterà al di sopra del 20% in Paesi come la Grecia e la Spagna. "Il tempo sta per scadere per evitare che le cicatrici lasciate dalla crisi diventino permanenti, con milioni di lavoratori intrappolati in fondo alla scala economica", ha avvertito il Segretario Generale dell'OCSE, Angel Gurría, presentando il rapporto a Parigi. "Se ciò accade, l'eredità di lungo periodo della crisi potrebbe essere rappresentata da una disuguaglianza ancora maggiore, per questo i governi devono agire ora per evitare un aumento cronico del numero di disoccupati" ha concluso Gurria.

Già oggi infatti la disoccupazione a lungo termine rimane altissima con più di un disoccupato su tre in cerca di lavoro da oltre 12 mesi, pari a 15,7 milioni di persone. Si tratta di un aumento del 77,2% rispetto al periodo pre crisi cioè dalla fine del 2007. Più della metà di queste persone inoltre sono state senza lavoro da almeno due anni e le loro possibilità di trovare di nuovo lavoro si stanno riducendo. Dati negativi anche per l'andamento dei salari che ha subito un forte rallentamento contribuendo ulteriormente alle difficoltà economiche delle famiglie. Un altro dato allarmante è il livello di disoccupazione giovanile che rimane sopra il livello pre-crisi in quasi tutti i paesi dell'OCSE e ha raggiunto il picco soprattutto nei paesi dell'Europa meridionale come l'Italia. Inoltre è aumentata a dismisura la quota di lavoratori occupati a tempo parziale o con contratti a tempo.

Disoccupazione govanile in Italia

In entrambi i casi l'Italia è tra le peggiori. La disoccupazione giovanile in Italia infatti nel 2014 è aumentata di 2,7 punti rispetto al 2013, arrivando a quota 42,7%, una percentuale più che raddoppiata dal 2007. "Più di una persona su 4 di età uguale o inferiore ai 29 anni in Italia non è né occupata né in educazione (Neet)" spiegano dall'Ocse, sottolineando che la percentuale "si è impennata del 40% dall'inizio della crisi, aprendo un ampio divario con la media Ocse". La percentuale di lavoratori under 25 con contratti precari nel nostro Paese è passata dal 52,7% del 2013 al 56% nel 2014 con un aumento di quasi 14 punti percentuali dal 2007 (42,2%) e di quasi 30 punti dal 2000. Una condizione che si caratterizza sempre più spesso come di lungo periodo visto che in Italia solo il 55% delle persone che entrano con un lavoro temporaneo hanno un contratto permanente dieci anni dopo.

In generale la disoccupazione in Italia ha raggiunto un picco del 12,7% nel 2014, con oltre 6 punti percentuali in più rispetto a prima della crisi, e con un'alta incidenza di quella di lungo periodo. Per l'Ocse nel 2016 però dovrebbe esserci una decisa inversione di tendenza per scendere sotto il 12% nel quarto trimestre. Nonostante le recenti misure in materia come il jobs act siano giudicate positivamente, l'Ocse ritiene che la crescita dell'Italia resterà ancora timida per un po' di tempo, con un Pil in aumento ma al di sotto della crescita prevista per l'eurozona e l'insieme dei Paesi Ocse.

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