Norvegia, governo estende caccia dei lupi: possibile ucciderne il 70%. Proteste animalisti

Insorgono gli ambietalisti e gli animalisti scandinavi dopo la decisione del governo della Norvegia di permettere ai cacciatori autorizzati e muniti di regolare licenza di abbattere quarantasette lupi, oltre due terzi di quelli selvatici presenti nel paese, cioè sessantotto. L'appello è per "fermare il massacro, il piano di sterminio": mai dal 1911 era stata data l'autorizzazione ad uccidere tanti esemplari di lupi. Il governo difende la sua decisione, sostenendo di averla presa a causa delle proteste degli allevatori, che lamentano di aver subito gravi danni economici dai lupi. I mammiferi, infatti, divorano molte pecore appartenenti ai loro greggi. Un altra motivazione additata dal governo è evitare che i lupi vengano uccisi per hobby da cacciatori di frodo.

Ma c'è chi sostiene che il provvedimento governativo abbia altre cause, da ricercarsi nel favore – forse per motivi elettoriali – alla categoria dei cacciatori, che praticano uno sport molto popolare in Norvegia. L'anno scorso ben undicimila cacciatori hanno chiesto una licenza speciale, che consente di abbattere almeno sedici lupi. Ciò significa oltre settecento richieste per ognuna delle licenze d'uccidere lupi ipotizzate. Adesso il governo reale ha aumentato il numero dei lupi abbattibili legalmente, alzandolo a quarantasette.

Ambientalisti e animalisti contestano che in realtà i danni causati dai lupi al pascolo sono minimi. Secondo Nina Jensen, capo del Wwf in Norvegia, "questo è un massacro, uccidere il 70 per cento dei lupi non è degno d'una popolazione che si vanta di essere un esempio di ambientalismo". Anche i Verdi insorgono contro la decisione e denunciano che se davvero quarantasette su sessantotto lupi verranno abbattuti, la specie non sopravviverà. Tra l'altro, ventiquattro di quelli che potranno essere abbattuti vivono in una riserva naturale a loro destinata.