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“Non si affitta agli stranieri”. Cartello razzista a Bologna, gli altri inquilini si ribellano

Il cartello è apparso all’ingresso di un palazzo ed ha suscitato l’indignazione di tutti gli altri inquilini, studenti e precari: “Non vogliamo una guerra tra poveri”.
A cura di Davide Falcioni
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"Non si affitta agli stranieri". Un messaggio che avremmo sperato di non leggere più ma che invece è stato scritto, nero su bianco, su un cartello affisso all'ingresso di un palazzo di Bologna, città un tempo definita "la rossa" che purtroppo sembra non essere immune da episodi inquietanti di discriminazione. Fortunatamente, però, di quella tradizione di accoglienza e solidarietà che per decenni ha contraddistinto la città non tutto è andato perduto, visto che gli altri inquilini del medesimo edificio, insieme a quelli di altre zone della città, hanno lanciato una raccolta firme contro l'episodio discriminatorio.

Il cartello, per la precisione, precisava: "Si ricorda che eventuali subentri, in caso di contratto, di nuove persone fisiche devono essere approvati dalla proprietà. Non si prendono in considerazione stranieri anche se in possesso di permesso di soggiorno".

La replica degli inquilini del palazzo però non si è fatta attendere: "Come inquilini di questo condominio non possiamo che condannare queste parole, e pretendiamo che amministrazione e proprietà ne prendano le distanze", recita la missiva, resa pubblica dalla pagina Facebook Noi Restiamo. L'edificio in questione è abitato soprattutto da studenti e lavoratori precari: "Non possiamo accettare che l'ideologia competitiva, del tutto contro tutti, della guerra tra poveri che cerca di esserci inculcata in ogni contesto istituzionale, si rifletta anche così vicino da noi, o meglio in quella che riconosciamo come casa nostra. Vogliamo – prosegue la lettera – essere liberi di poter condividere i nostri appartamenti con chi vogliamo, a prescindere dal colore della sua pelle".

Lo stabile è di proprietà della famiglia Bonori Innocenti che tuttavia, ma è il ragionier Piero Parisini a seguirne le sorti. L'uomo ha spiegato al Corriere che si è trattato di "un eccesso di zelo da parte della segretaria amministrativa. La segretaria si è trovata a volte con persone straniere col permesso di soggiorno scaduto — racconta — e così si ha in casa qualcuno che lo Stato italiano non accetta".

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