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“Non ho un lavoro e mia moglie mi ha lasciato: così ho venduto un rene per 10mila dollari”

Per molti l’unica alternativa per sopravvivere e dare da mangiare ai propri figli è la vendita illegale dei loro organi. Un business gestito da organizzazioni criminali che sfruttano la disperazione di migliaia di persone allo stremo a causa della guerra. E al conflitto in corso da oltre due anni si uniscono povertà ed epidemie.
A cura di Mirko Bellis
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La cicatrice dopo un trapianto illegale di rene (Gettyimages)
La cicatrice dopo un trapianto illegale di rene (Gettyimages)

“Non ho un lavoro e mia moglie mi ha lasciato per un altro uomo”. Con queste parole Ali, un trentenne yemenita, cerca di consolarsi dopo aver venduto il suo rene ad una rete di trafficanti. La sconvolgente confessione dell’uomo, pubblicata da Al Jazeera, dimostra in tutta la sua crudezza la realtà di miseria e disperazione che accompagna da oltre due anni la vita di milioni di yemeniti. Una rete senza scrupoli di contrabbandieri di organi umani che, approfittando della povertà nello Yemen in guerra, realizza grossi guadagni.

Come molti suoi connazionali, Ali, non aveva dinanzi a sé troppe alternative per sopravvivere. L’incontro con il broker di organi umani, un tassista di origini egiziane, avvenne all'ufficio passaporti di Sana’a, la capitale dello Yemen, dove Ali si era recato con l’intenzione di viaggiare nella vicina Arabia Saudita in cerca di lavoro. Dopo aver saputo delle ristrettezze economiche dell’uomo, il tassista gli propose la soluzione ai suoi problemi: vendere un organo. Per essere più convincente, il broker mostrò le cicatrici di un’operazione di espianto del suo rene, dicendo che con i soldi ricavati aveva potuto comprare un’auto nuova e sposarsi. Un’organizzazione ben strutturata avrebbe pensato a tutto. Il viaggio di Ali fino al Cairo dove sarebbe avvenuta l’operazione è stato possibile grazie ad una falsa diagnosi che giustificava il trasferimento in Egitto per sottoporsi a cure mediche.  Il prezzo del suo rene: 10mila dollari. L’organo – secondo quanto ha affermato Ali – era destinato ad un anziano del Kuwait.

Confinato per 25 giorni in un appartamento fatiscente di Giza, a pochi chilometri dalla capitale egiziana, Ali aspettava il giorno dell’operazione. Senza essere informato delle conseguenze mediche, è stato costretto a firmare, come altri prima di lui, una specie di “contratto” in cui l’organizzazione declinava ogni responsabilità sulle complicazioni post-operatorie. “Dopo l’intervento mi hanno dato i soldi – il suo racconto – e mi hanno lasciato solo”. Nel suo caso, l’intermediario con l’organizzazione di trafficanti è stato un tassista, altri donatori per necessità, invece, vengono adescati nei bar o nei coffee shop. Alcuni, addirittura, mettono le proposte di vendita dei loro organi direttamente su Facebook o sui giornali. L’anno scorso, una vedova si è recata presso un quotidiano di Aden per pubblicare un annuncio offrendo il suo rene. Con i soldi ricavati, la donna avrebbe assicurato il mantenimento dei suoi cinque figli.

E’ difficile determinare quanti disperati si sono affidati alla rete di criminali dedita al commercio di organi. Secondo l'Organizzazione yemenita per la lotta alla tratta di esseri umani (Yocth), dall'inizio della guerra nel marzo 2015 sono state 300 le vendite clandestine. Ma la reale portata del fenomeno potrebbe avere numeri ben più alti, visto che gran parte dei casi sono tenuti nella completa segretezza, sia per l’illegalità della pratica che per motivazioni religiose. Per Wahag al Maqtari, a capo dell’unità di terapia intensiva dell’Ospedale di Sana’a, la maggior parte delle vittime del traffico di organi in Yemen è di sesso maschile, di solito in un’età compresa tra i 28 e i 40 anni. Una cosa è certa: circa il 90% degli espianti è avvenuto in Egitto. Tra gli organi più venduti ci sono reni, fegato e cornee e il loro prezzo varia a seconda del donatore. Nabil Fadhil, il presidente dello Yocth, ha rivelato ad Al Jazeera come alcuni ospedali egiziani abbiano acquistato da yemeniti organi di contrabbando per cinquemila dollari, per poi rivenderli a circa centomila a facoltosi clienti occidentali o provenienti dai Paesi del Golfo. Un business molto lucrativo che potrebbe avere una portata ancora maggiore se non fosse stato per la distruzione dell’aeroporto di San’a a seguito dei bombardamenti dell’aviazione saudita e la creazione di una no-fly zone che di fatto ha bloccato tutti i voli verso l’estero. Ma gli yemeniti disposti a vendere i loro organi ci sono ancora. Ad una scala senza precedenti, come ha affermato al Maqtari.

Yemen: un Paese distrutto da guerra, povertà ed epidemie

Dal marzo 2015, dopo che il presidente Abd Rabbuh Mansur Hadi fu deposto dalla ribellione delle forze sciite Huthi, in Yemen è in atto una vera e propria carneficina. L’intervento militare della coalizione di Paesi arabi guidata dall'Arabia Saudita da un lato, e l’appoggio dell’Iran agli insorti dall'altro, ha provocato finora migliaia di morti e la distruzione della già precaria economia yemenita. Ad aumentare il caos si sono inseriti anche i jihadisti affiliati ad Al Qaeda (Ansar al-Sharia nello Yemen, Aqap) che di fatto controllano alcuni territori nella regione centrale del Paese. E, come sempre accade, la prima vittima della guerra è la popolazione civile.

I numeri diffusi dalle Nazioni Unite sono impressionanti: quasi 20 milioni di persone necessitano assistenza sanitaria, la metà senza cure mediche rischia la vita. Più di tre milioni gli sfollati. Ogni dieci minuti almeno un bambino muore a causa di malattie che si potrebbero prevenire come diarrea, malnutrizione e infezioni delle vie respiratorie. La malnutrizione colpisce circa 4,5 milioni di bambini e donne in gravidanza o in allattamento. In oltre due anni di guerra sono state distrutte gran parte delle strutture ospedaliere e i servizi idrici non garantiscono la fornitura d’acqua potabile.  Secondo l’Organizzazione mondiale della Salute (Who) l’epidemia di colera ha superato i 600mila casi, uccidendo più di 2000 persone.

Gli stipendi di medici e personale sanitario, insegnanti e degli altri lavoratori del settore pubblico sono pagati in modo irregolare, lasciando spesso i dipendenti statali e le loro famiglie – quasi il 30 per cento della popolazione – senza nessun reddito. Senza un'azione urgente da parte delle parti in conflitto per porre fine alla guerra e per facilitare l’arrivo degli aiuti alla popolazione – avverte l’Onu – la situazione umanitaria in Yemen è destinata a peggiorare ulteriormente.

E’ proprio in questo contesto di distruzione e miseria che le organizzazioni criminali di trafficanti di organi possono lucrare sulla disperazione dei tanti Ali disposti a vendere una parte del loro corpo per sopravvivere.

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