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No Tav ai domiciliari: “Giudici non mi permettono di lavorare, inizio sciopero della fame”

Giuseppe Lizzari, attivista del movimento No Tav, è stato sottoposto agli arresti domiciliari per aver partecipato ai disordini del capodanno 2015: l’uomo non è accusato di aver esercitato violenze contro agenti di polizia ma solo di aver “leso il prestigio e l’interesse della Pubblica Amministrazione”.
A cura di Davide Falcioni
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Giuseppe Lizzari, un attivista del movimento No Tav arrestato lo scorso 10 aprile e posto agli arresti domiciliari su ordine di custodia cautelare disposto dal gip di Torino, ha deciso di indire uno sciopero della fame a partire dal primo giugno contro quella che considera un'ingiusta detenzione che gli impedisce di reperire i mezzi necessari per il suo stesso sostentamento. Secondo gli inquirenti, coordinati dal pm Andrea Padalino, l'uomo a Capodanno del 2015 partecipò ai disordini che si registrarono al cantiere della Torino-Lione di Chiomonte.  Gli scontri di quell'occasione videro un’esigua partecipazione da parte degli attivisti, che comunque tentarono di superare le barriere poste delle forze dell’ordine per impedire l’accesso alle reti.

Il Movimento No Tav, nel giudicare "pretestuoso" l'arresto di Lizzari, ricorda che l'attivista "non viene accusato di aver esercitato violenza contro un funzionario di polizia, bensì di aver leso il prestigio e l’interesse della Pubblica Amministrazione". Gli attivisti pubblicano anche un estratto del dispositivo emesso contro Lizzari: “… poiché l’ oggetto giuridico protetto è la tutela del corretto funzionamento della Pubblica Amministrazione nonché il prestigio della stessa e non occorre che la violenza ponga in pericolo l’integrità fisica del soggetto passivo essendo sufficiente il mero impedimento dell’atto da parte del pubblico ufficio proprio in quanto il delitto  va a ledere gli interessi della Pubblica Amministrazione e non la persona fisica del funzionario”.

Di seguito pubblichiamo per intero la lettera aperta scritta da Giuseppe Lizzari:

Egregia Dottoressa Bianco ,

Non sono qui a chiedere la grazia ma allo stesso tempo non ci sto a fare il carceriere di me stesso.

E’ passato più di un mese da che sono costretto ai domiciliari e le mie condizioni economiche non mi permettono più di fare fronte al pagamento delle bollette e fare materialmente la spesa per il cibo.

Tenga conto che di tutti i miei precedenti penali non ho fatto più di dieci giorni di carcere ed in cinquant’ anni suonati non conosco altra maniera di vivere se non come uomo libero .

Inoltre dal 2009 ho iniziato una convivenza con la mia compagna Monica andando ad abitare a Giaglione, facendo la scelta di andare a vivere fuori città , in montagna, rinunciando alle comodità e sicurezze per la mia sensibilità alla tutela ambientale e salvaguardia del territorio montano. Infatti sono più di sei anni che faccio quelle che sono le attività tipiche dei montanari: la raccolta di piccoli frutti, di funghi, legna da ardere in cambio della pulizia dei boschi , sistemazione e manutenzione dei muretti a secco e canali irrigui ed in ultimo, non per importanza, ma per il fabbisogno alimentare conduco anche un orto e un frutteto affidatomi da un anziano del paese.

Considero questi arresti domiciliari ingiusti perché penso che la giustizia non dovrebbe essere utilizzata come strumento di controllo e repressione sociale. In questa situazione mi sento condannato per le mie idee politiche ancor prima di essere giudicato per i reati di cui sono accusato.

Da Lei mi è stato anche negato di recarmi dal mio legale .

Delego il mio avvocato a concordare eventuali forme meno afflittive di controllo che mi permettano di svolgere le attività sopra descritte.

Questa è la mia richiesta di libertà .

Nella mia situazione non mi rimane altro mezzo per oppormi a quello che considero un sopruso e un’ingiustizia : nel mese di giugno entrerò in sciopero della fame.

Mi riservo inoltre di rendere pubblica la medesima per mettere a conoscenza della mia situazione l’opinione pubblica e la società civile .

Distinti saluti.

Giuseppe Lizzari

Giaglione, 25 maggio 2016.

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