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Nipote guarito da un tumore al cervello, nonno dona 800 mila euro all’ospedale Gaslini

Il piccolo di soli due anni era stato giudicato praticamente inguaribile. Il nonno ha prima donato 500mila euro al nosocomio genovese quando la situazione sembrava incerta, poi riconoscente, ne ha versati altri 300mila quando ha potuto riabbracciare il nipotino sano e salvo.
A cura di B. C.
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Esterno dell'Ospedale Gaslini di Genova
Esterno dell'Ospedale Gaslini di Genova.

Un regalo che arriva dal cuore quello di un nonno ai medici dell'ospedale Gaslini. E’ grazie ai pediatri del nosocomio di Genova che può ancora abbracciare il nipotino malato di tumore al cervello. “Non mi ritengo una persona speciale. Spero solo che il mio gesto arrivi al cuore di qualcuno, e che qualcuno possa emularmi”, ha detto l’imprenditore di 72 anni di Verucchio, provincia di Rimini, che ha staccato un assegno da 800 mila euro per l’ospedale.

“Avevano diagnosticato a mio nipote, figlio di mia figlia, un tumore cerebrale. All'ospedale di Bologna ci avevano detto che restava poco da fare. Ci siamo rivolti al Gaslini e per otto mesi abbiamo vissuto a Genova. Da allora sono passati cinque anni: mio nipote frequenta la seconda elementare ed è un bambino felice” continua l’uomo. Maria Luisa Garré è il medico che ha curato il bambino. “Abbiamo capito che il piccolo aveva un tumore che potevamo sradicare con una chemioterapia molto forte che poteva portare complicanze, ma con la possibilità di essere efficace in poco tempo”.

L’imprenditore aveva già fatto una prima donazione di 50omila euro quando la situazione del nipotino era ancora definita incerta. “Eravamo rimasti colpiti dalla grande umanità trovata al Gaslini. Così ho deciso che quei soldi dovevano servire a migliorare il capitale umano dell’ospedale assumendo medici competenti. Ho nominato un comitato di controllo per verificare il buon uso del denaro. I soldi sono stati spesi bene, così ho donato altri 300mila euro a scatola chiusa” dice il nonno. Con quel denaro il Gaslini ha potuto assumere un chirurgo oncologico, una neuroradiologa che rischiava di dover andare a lavorare all’estero e una psicologa, come si legge sul Secolo XIX.

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