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Nawal Soufi riceve gli SOS dai barconi: “La Guardia Costiera non ha interpreti arabi”

L’attivista catanese di origine marocchina risponde ai messaggi di soccorso dei migranti sul suo cellulare e combatte gli “scafisti di terra” nel porto di Catania.
A cura di Emanuele Midolo
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Nawal Soufi è una giovane attivista catanese di origine marocchina. Ha 27 anni, studia scienze politiche e lavora come interprete araba per il tribunale. Ma la sua attività principale, quella che le prende tutto il tempo e per la quale dev’essere costantemente reperibile, è l’assistenza ai migranti in difficoltà. Il cellulare di Nawal è sempre acceso: lì, ogni ora, arrivano decine di telefonate da persone che hanno bisogno di aiuto. Il giorno della nostra intervista – l’11 aprile – la Guardia Costiera ha soccorso circa 1700 migranti in difficoltà nel canale di Sicilia, per un totale di 10 operazioni di salvataggio. In tre di quei casi, a dare la segnalazione è stata proprio Nawal. I migranti siriani a bordo dei barconi l’hanno chiamata in preda al panico, e lei ha girato le loro coordinate alla Guardia Costiera.

Quando e come è iniziata la tua missione?

Ho cominciato a 14 anni, come attivista nel sociale, sia con i migranti che con gli italiani senza tetto, qui, a Catania. Poi ho deciso di andare in Siria nel 2013, ho organizzato una carovana di farmaci per la città di Homs, che viveva sotto assedio da circa un anno e mezzo. Sono stata anche ad Aleppo, dove ho assistito all’olocausto di quel popolo. Poi sono tornata in Italia e mi sono trovata la Siria in Sicilia. Sono cominciati i primi sbarchi di famiglie intere, proprio sulle coste siciliane, anzi, proprio sulle coste di Catania. Qui ho iniziato a fare accoglienza dentro alla stazione di Catania, all’uscita dai centri di primo soccorso. Inizialmente abbiamo avuto un sacco di problemi. Uno dei peggiori, nella mia città, era dato dagli scafisti di terra. Il cosiddetto scafismo di terra è fatto da persone che hanno delle auto, persone che vanno a prendere i migranti, che li spaventano, dicendo loro ‘non dovete prendere il treno, non dovete prendere i mezzi perché lascerete le impronte in Italia e non potrete continuare il viaggio verso gli altri paesi’ e così facendo riescono a guadagnare mille, millecinquecento euro, per portare le persone verso il Nord Italia, la Germania o l’Austria. Con il tempo tutto questo è stato bloccato, nel senso che i siriani che cominciano il secondo viaggio della speranza dalla Sicilia hanno iniziato a capire che possono prendere dei treni normalmente. Io ho iniziato a pubblicare sui social network il costo dei biglietti, come bisogna prenotare eccetera. In questo modo le persone hanno cominciato a prendere coscienza di quello che fanno e lo scafismo di terra è stato praticamente bloccato.

Chi sono questi scafisti di terra? Sono siciliani, sono altri arabi?

Hanno varie cittadinanze, vanno dall’arabo all’italiano. Però ovviamente devono quantomeno parlare arabo. Sono comunque persone che vivono nel posto. Succedeva a Catania come succede a Milano, solo che qui per fortuna non succede quasi più.

Secondo te è un business che si è sviluppato in maniera spontanea o c’è dietro un qualche tipo di organizzazione criminale?

No, sembra essere molto autonomo. Nel senso che anche un padre di famiglia, magari di una famiglia che sta relativamente bene, inizia a organizzare tratte verso il Nord. Ci sono molti cani sciolti. Avvicinano una famiglia ai giardinetti, portano un caffè, un dolce, chiedono dove devono andare e poi si offrono di accompagnarli.

Detto così sembra una cosa quasi caritatevole. Tu sei di origine marocchina ma per fare questo lavoro hai dovuto studiare diversi dialetti arabi, in particolare il siriano. L’anno scorso sono sbarcate in Italia quasi 180mila persone. Diciamo pure in Sicilia, dato che il 98% arriva qui. Di queste quasi 40mila si sono dichiarate di nazionalità siriana…

A tal proposito vorrei sfatare un mito, quello del marocchino che si spaccia per siriano o per palestinese. Ecco, siamo allo stesso livello di italiano-spaghetti-mafia. Nei porti ci sono sempre degli interpreti, che lavorano con la polizia (anche quando la polizia esercita la forza bruta, solo che poi, chissà come mai, nessuno ha visto niente). Un interprete marocchino che si vede davanti un migrante che dice ‘salam’, già da quello riesce a capire se è marocchino, siriano o palestinese. Io faccio l’interprete presso il tribunale di Catania e altri tribunali siciliani e ti assicuro che nessuno, marocchino, tunisino o quello che è, si permette di dire ‘sono siriano’ davanti ad altri siriani. Gli interpreti sono quelli che fanno la selezione allo sbarco, assieme alla polizia. Questa è la prima tappa, la tappa linguistica. Poi c’è un’altra cosa che solo chi vede i migranti scendere dalle navi riesce a capire: il siriano scende con un iPhone o con un Samsung Galaxy, ha dei modi di fare diversi rispetto alle persone del Maghreb, un modo di vestire diverso, parla inglese mentre gli altri parlano francese. Insomma, che qualcuno possa farsi passare per siriano è ridicolo.

Mi pare di capire che si è fatta un po’ di disinformazione sul tema…

Decisamente, la stampa ha marciato molto su questo. Poi c’è un’altra cosa su cui si fa un sacco di confusione ed è l’identificazione. Il Ministero degli Interni italiano, tutto ad un tratto si è svegliato e ha detto ‘ops, che fine hanno fatto i quaranta, cinquantamila non identificati?’ Non ci si può fare una domanda simile, serve solo a terrorizzare gli italiani e dire ‘ci sono migliaia di immigrati fantasma in giro per il Paese’. Non è vero. Tutte le persone arrivate dentro tutti i porti italiani vengono foto segnalate e i loro passaporti acquisiti dalle autorità. Poi i siriani possono continuare il viaggio mostrando le loro carte d’identità e le loro patenti. Esiste sia questo tipo di identificazione, che permette al migrante d’intraprendere il secondo viaggio della speranza verso altri Paesi. Un’altra identificazione è quella tramite impronta digitale. In questo caso, automaticamente il migrante si vede impedita la possibilità di spostarsi altrove. Questo ovviamente non è un problema italiano, perché l’Italia ha tutto il diritto di identificare le persone tramite impronta, è un problema europeo. Ed è un problema del protocollo di Dublino. Quando arrivi in Italia e rilasci le impronte, se ti sposti in un Paese come la Germania o la Svezia vieni riportato in Italia. Ecco perché spesso i migranti si rifiutano di essere identificati con questo metodo…

E vengono identificati con la forza.

Esatto, ci sono stati pestaggi madornali. Un caso plateale: ho portato un parlamentare dentro al centro d’accoglienza di Porto Empedocle dove un ragazzo, un farmacista siriano, ha perso la memoria a seguito di un pestaggio con il manganello a corrente elettrica. La mattina ha parlato tranquillamente al telefono con suo fratello. Il pomeriggio abbiamo richiamato e lui non riconosceva più nessuno. Per fortuna, grazie all’aiuto di questo parlamentare del PD siamo riusciti a portarlo fuori. E questo è solo uno dei casi che siamo riusciti a documentare.

Tu sei stata ribattezzata ‘Lady SOS’ perché i migranti in difficoltà ti contattano direttamente sul tuo cellulare. Spesso anche dai barconi, come è successo oggi [11 aprile]. Come fanno ad avere il tuo numero?

È molto semplice. In Sicilia nel 2013 sono arrivate le prime imbarcazioni di siriani. Io ho organizzato una raccolta di cibo, vestiti e ho cercato di fare quel che potevo per accoglierli dentro alla stazione di Catania. Loro mi hanno raccontato una cosa piuttosto strana ma che poi ho scoperto non essere così strana. Abbiamo chiamato la Guardia Costiera e non avevano un interprete arabo, mi hanno detto. Ora so che da vent’anni non esiste un interprete arabo al Comando Generale della Guardia Costiera a Roma. Non le varie capitanerie locali, eh. Proprio il Comando Generale. È una scelta: non c’è un interprete arabo. Almeno, io credo sia una scelta politica. Quindi i siriani hanno fatto come durante le primavere arabe: hanno usato i social network. Hanno iniziato a pubblicare dei post che parlavano di questa ragazza marocchina che sta a Catania e che parla correttamente italiano e siriano. Se siete in difficoltà, chiamatela. Hanno ovviamente scritto il mio numero di telefono e a un certo punto mi sono trovata con gente che mi chiamava dal mare e devo dirti che la responsabilità era grossa. Che dovevo fare? Ho chiamato la Guardia Costiera, il 1530. C’era gente che mi conosceva già dalla Siria, mentre altri li ho incontrati qui. È iniziato così, da Facebook e Twitter.

Quindi solo con il passaparola e i social network.

Sì, considera che spesso mi chiamano dalla Siria. C’è una madre di famiglia che scrive su Facebook ‘per favore, c’è mio figlio/mio cugino che è partito ed ha bisogno di aiuto’ e qualcuno manda il mio numero. Internet viene usato per questo. E devo dire che ha funzionato molto bene.

Com’è il rapporto con la Guardia Costiera? Hai un canale diretto? Le autorità italiane ormai ti conoscono, collaborano?

Ormai con la Guardia Costiera ci sentiamo regolarmente, io chiamo loro e loro chiamano me, a qualsiasi orario, seguiamo gli SOS fino alla fine. C’è un rapporto di grande collaborazione e di grande rispetto. Proprio con il Comando Generale di Roma. Ovviamente all’inizio non mi conoscevano. Dopo uno dei primi SOS chi ha effettuato il salvataggio mi ha chiamata e mi ha comunicato che ero stata denunciata per favoreggiamento all’immigrazione clandestina. Al che mi sono auto-consegnata alla Digos di Catania che ormai mi conosce, sa tutto di me, dalle manifestazioni a tutto il resto e alla fine abbiamo chiarito. Con il tempo hanno capito che avevano a che fare con un’attivista nel campo dei diritti umani e ora posso dire che si è instaurato un rapporto molto bello.

Come sono cambiate le cose dalla fine di Mare Nostrum?

Possiamo parlare dei salvataggi o dei flussi migratori. Nella stampa, a livello italiano si parlava in termini che mi danno molto fastidio: ‘I migranti ormai sanno che c’è Mare Nostrum per cui si buttano in mare che tanto qualcuno li salverà’. Non c’è cosa più falsa. Mi ricordo che un giorno, a gennaio, più di mille persone erano in acqua. A gennaio. Stiamo parlando di mare forza 7, forza 8. Ci sono stati salvataggi in extremis. Queste sono persone che sono partite dalla Siria, che sono arrivate clandestinamente in Algeria, da lì clandestinamente in Tunisia per partire verso l’Europa e scappare da questa guerra. Quando chiedi a queste persone dell’esistenza di Mare Nostrum loro ti guardano e ti chiedono ‘che è? Si mangia?’

Attenzione però, sotto questo punto di vista si è scritto più che altro che sono gli scafisti e le organizzazioni criminali ad avere in qualche modo approfittato della missione Mare Nostrum, non certo dei migranti.

Ok, parliamo degli scafisti. In una sola giornata, circa un mese e mezzo, senza Mare Nostrum né niente, sono partiti quattro gommoni e sono colati a picco tutti e quattro. Sono rimaste vive 2, 5, 7 persone per gommone. Sono morte quasi 400 persone. Senza Mare Nostrum. Il problema è questo: se parliamo di scafismo bisogna parlare dell’apertura di un corridoio umanitario. Inutile essere ipocriti. La non apertura di questo corridoio per i migranti agevola e dà tutto quello che serve alle organizzazioni criminali.

Recentemente si è chiusa un’indagine della Divisione Distrettuale Antimafia di Palermo che ha anche portato a delle incriminazioni per traffico di esseri umani. Sono le stesse bande?

Sì e sono organizzazioni che, tra l’altro, aiutano i regimi non-democratici in quelle regioni. Perché ovviamente se per una sola imbarcazione con cinquecento persone si fanno un sacco di soldi, quei soldi non vengono buttati a mare. Sono soldi che vengono riciclati e girano nel paese. E purtroppo la maggior parte dei paesi arabi sono governati da queste bande mafiose. Dalla Siria fino alla Libia. Il potere e i soldi passano da questo. Il legame è molto forte. Tant’è che ci sono intere zone che sono sotto il controllo degli scafisti, dove non esiste guardia costiera né polizia che tenga. Parlare delle organizzazioni criminali significa, d’altra parte, sapere che venti paesi europei non vogliono prendersi la responsabilità di accettare neanche un milione di rifugiati. Accettarli ufficialmente, in modo regolare, e non continuare a chiudere gli occhi davanti alla crisi siriana. Ma anche davanti a quella irachena, yemenita e tutte le altre. Non bisogna dimenticare che oltre l’85% dei rifugiati sono divisi tra i paesi limitrofi: Turchia, Giordania e Libano. Quindi il numero delle persone che arriva qui è estremamente limitato.

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