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Opinioni

Nato, dalla parte sbagliata

Stanotte un raid Nato ha distrutto un ospedale di Medici senza Frontiere in Afghanistan, possibile che la politica distrugga quel poco che i cittadini riescono a costruire?
A cura di Rita Cantalino
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Ieri sera sono stata a un interessante incontro con un gruppo di attivisti napoletani che ha partecipato alla carovana Open Borders, portando aiuti e sostegno ai profughi che transitano lungo la rotta dei Balcani. I ragazzi ci hanno raccontato di uno scenario paradossale, in cui non si riesce mai ad avere reale contezza di quello che sta accadendo, in cui i governi ufficialmente negano l'accesso ai migranti negli Stati, ma ufficiosamente le forze militari li intercettano e scortano in segreto per varcare i confini passando per boschi, buchi nelle recinzioni e altri sotterfugi. Non si può avere idea reale del numero effettivo di profughi che, anche in questo momento, stanno attraversando a piedi l'Europa per trovare rifugio dalla devastazione dei propri Stati che l'Europa stessa ha operato e sta operando, perché non esistono dati ufficiali ma solo stime.

Nel racconto di Dario e Raniero era possibile percepire il senso di insufficienza e frustrazione di chi, con le sole proprie forze, vuole provare a dare una mano in una situazione talmente paradossale e talmente grande che ogni tipo di azione tu possa compiere sembra inutile, una goccia nel mare. “Ha senso portare un orsacchiotto, delle coperte, ma pure delle medicine, ai pochi sfortunati che, per puro caso, riuscirai a incontrare, a fronte del fatto che ne esistono decine e decine di migliaia che non potrai intercettare, a fronte del fatto che se i loro paesi continueranno a essere in guerra ci saranno sempre più profughi, a fronte del fatto che quelle coperte si consumeranno, quelle medicine finiranno, e quei profughi dovranno in ogni caso continuare ad attraversare i confini di notte, di nascosto, per cercare una giustizia che forse non troveranno?”. Era una domanda che è aleggiata in sala per tutto il tempo, che in molti hanno posto e si sono posti. Ovviamente, senza una risposta organica perché la risposta non c'è. C'è solo un'altra domanda: “Come si fa a starsene con le mani in mano?”. Perché è vero che noi non possiamo niente di fronte a ondate così massicce, che noi non abbiamo gli strumenti e che queste sono tragedie che una politica più lungimirante e giusta dovrebbe gestire, che non tocca ai singoli perché materialmente non possono nulla, ma è anche vero che restare a guardare è impossibile. E quindi si fa quel che si può, con i mezzi che si hanno, non per sentirsi a posto con la coscienza ma per lanciare un segnale: se i governi sono sordi e ciechi alla disperazione, non lo sono le persone, i cittadini, gli attivisti, le centinaia e centinaia di volontari singoli e appartenenti a organizzazioni. Quello che la politica non fa con strumenti migliori ed efficaci, lo fanno loro con quel poco che hanno, e anche se non basta non ci si deve fermare mai.

Ieri mattina ci siamo svegliati con la tragica notizia del bombardamento di un ospedale di Medici senza Frontiere in Afghanistan. L'ha bombardato la Nato. La Nato ha bombardato un ospedale di un'organizzazione che prova a portare un aiuto concreto, importante, irrinunciabile, nel quadro del disastro che la Nato stessa, l'Occidente, l'Europa, stanno generando in paesi in cui, da più di un secolo, gli equilibri geopolitici vengono decisi altrove, da parte di Stati più forti, che fanno della propria convenienza economica e della loro egemonia politica l'unico criterio di amministrazione di un pezzo di mondo che non è loro.

Non l'Europa tutta, naturalmente. I governi, le coalizioni internazionali. I cittadini fanno altro. I cittadini fanno cooperazione, per aiutare le popolazioni vittime delle scelte scellerate della politica. I cittadini si organizzano per iniziative di supporto concreto, per provare a rimediare con quel poco che hanno al quadro drammatico che vedono ogni giorno. Anche Medici senza Frontiere fa così. Costruisce ospedali, prova a curare le vittime delle guerre di qualcun altro, con i pochi strumenti di cui riesce a dotarsi anche e soprattutto grazie al supporto di chi offre delle donazioni: i piccoli gesti che nel quotidiano possono non pesarci, ma che materialmente servono a salvare delle vite.

E allora il dato si ripropone: mentre i governi e le alleanze militari costruiscono disastri geopolitici, c'è chi prova dal basso a organizzarsi per dare una mano a chi ne è vittima, che non ha alcuna colpa se non quella di essere nato nella parte di mondo sbagliata. I governi fanno i disastri, i comuni mortali provano a rimediare. Poi una notte, improvvisamente, tutto quello che hai costruito viene abbattuto da una delle loro famose “bombe intelligenti”, un ospedale va distrutto e l'unica spiegazione che questi geni della geopolitica forniscono, l'unica cosa che riescono a dire, è che è stato un errore. “Scusa, per sbaglio ti ho bombardato l'ospedale”.

Ieri notte è successo proprio questo, ed è semplicemente inaccettabile che chi devasta e saccheggia in nome di una supremazia che si è arrogato con la forza delle armi e degli accordi economici non abbia nemmeno la contezza materiale di quanto gli altri, quelli normali, fanno ogni giorno, e ci passi sopra come se nulla fosse, e con un bombardamento di un paio d'ore ammazzi decine di persone e mandi in fumo il lavoro di una vita e soprattutto il senso di sostegno e solidarietà che i cittadini condividono tra di loro, al di sotto di una politica che non sa di che parla.

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Blogger e attivista. Nata a Napoli nel 1988, dove mi sono laureata in filosofia politica. Sono stata coordinatrice provinciale dell'Unione degli Studenti Napoli e coordinatrice cittadina di Link, coordinamento universitario. Ho lavorato come educatrice per Libera in progetti con ragazzi provenienti da contesti di disagio. Il mio blog personale è Errecinque. Ho un sacco di romanzi nel cassetto.
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