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Muore a 54 anni Tommaso Labranca, lo scrittore che raccontò il trash

A dare notizia della scomparsa l’amico scrittore Gianni Biondillo. Negli ultimi tempi lo scrittore e saggista milanese dirigeva la rivista ticinese “Tipografia Helvetica”.
A cura di Redazione Cultura
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Tommaso Labranca
Tommaso Labranca

Tommaso Labranca, scrittore e saggista, è morto all'età di 54 anni. A darne notizia, sul sito di Nazione Indiana, lo scrittore Gianni Biondillo, amico di Labranca che con l'autore di "Andy Warhol era un coatto" ed "Estasi del pecoreccio" aveva condiviso proprio l'esperienza di "Nazione Indiana".

Ho appena ricevuto una notizia che mi ha tolto il fiato. Milo Miler, un caro amico dal Ticino, in lacrime, mi ha detto che questa notte è mancato Tommaso Labranca. Non sappiamo cosa sia successo, non sappiamo niente. Sappiamo solo di essere disperati. Ho chattato con lui fino a pochi giorni fa. Coerente con la sua visione pessimista dei social (lui parlava esplicitamente di odio) aveva deciso di scomparire dalla rete mandando i suoi post a pochi amici, via WhatsApp, a una lista che aveva chiamato “LabrancaForDummies”.

Anche se non se ne conoscono ancora le cause, la notizia della morte dello scrittore milanese, dunque, piomba davvero inaspettata per il mondo culturale italiano. Tommaso Labranca aveva iniziato a scrivere negli anni ottanta come traduttore e autore di fanzine, per poi ottenere successo con i suoi libri, divenendo autore di programmi televisivi di successo come "Anima mia". Dopo i successi dovuti ai suoi scritti che indagavano il crescente fenomeno del trash nella società italiana, nel 1997 si unisce al cantante Garbo, e agli scrittori Aldo Nove, Isabella Santacroce, Niccolò Ammaniti, Tiziano Scarpa, ed altri scrittori "cannibali" nella corrente del Nevroromaticismo, movimento oggi estinto.

Era stato, inoltre, traduttore, conduttore radiofonico e, infine, editore della casa 20090 con la quale aveva provato un interessante esperimento culturale. Negli ultimi tempi, come evidenzia Biondillo nel suo messaggio, Labranca aveva diradato sempre più i suoi interventi pubblici e scritti, inoltre si stava occupando di una rivista culturale in Ticino, la "Tipografia Helvetica" con l'obiettivo di ridurre la distanza culturale tra Italia e Svizzera.

 Delle cose che Tommaso, clandestinamente, aveva messo on line in questi anni non c’è più nulla. La sua sembrava una lotta fra un mondo culturale che sembrava lo avesse dimenticato e lui che cercava di far scomparire le tracce della sua presenza in un paese ingrato come l’Italia. (mi auguro che un archeologo digitale sappia far riaffiorare tutto quel materiale di straordinaria intelligenza. Un vero tesoro. Forse Tommaso non apprezzerebbe questa mia morbosità, avrebbe preferito restare nell’ombra. Ma i vivi questo fanno: approfittarsi di chi non c’è più). Aveva trovato un piccolo spazio d’ascolto proprio in Ticino. (questa la sua ultima intervista che ho trovato sulla radio svizzera). Milo Miler gli aveva affidato la direzione di una rivista culturale che nelle intenzioni di Tommaso doveva abbattere il confine culturale italosvizzero. Il nome della rivista è. In questi giorni si stava chiudendo il nuovo numero (ho avuto l’onore di scriverci un pezzo). Inutile dire che mentre nel versante ticinese gli abbonamenti non sono mancati, in Italia era come non fosse mai stata pubblicata. Ricordo una presentazione della rivista in un’aula del Politecnico vergognosamente vuota.

Il suo ultimo libro “Vraghinaroda. Viaggio allucinante fra creatori, mediatori e fruitori dell’arte” partiva da un gioco di parole, un’espressione russa, враги народа, che significa ‘nemici del popolo', i protagonisti del suo volume, quei "feroci odiatori del popolo (e del pop) che infestano l’arte con chiacchiere nebbiose, performance comiche e concettualismi fragili". Un libro bello, intelligente, come tutta la scrittura di Labranca che, purtroppo, il sistema culturale italiano aveva dimenticato negli ultimi anni, relegandolo a scrittore di un'epoca passata. Non manca, infatti, di sottolinearlo lo stesso Biondillo nel suo messaggio.

In questi giorni ci sarà chi verserà lacrime di coccodrillo sulla sua bara. Gli stessi che avrebbero potuto dare spazio al suo genio ma l’avevano accantonato perché troppo “rompicoglioni”. Ci sputo sopra fin d’ora. Essere uno spirito libero in Italia significa essere rompicoglioni. Tommaso lo era.

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