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Monti, la monotonia del posto fisso e il problema lavoro

Le parole del Premier Monti ritornano ad accendere il dibattito sulla necessità di una riforma del mercato del lavoro che non imponga solo flessibilità, ma dia vita ad un nuovo sistema che superi il modello del precariato verso una reale tutela del nuovo lavoratore.
A cura di Antonio Palma
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Le parole del Premier Monti ritornano ad accendere il dibattito sulla necessità di una riforma del mercato del lavoro che non imponga solo flessibilità, ma dia vita ad un nuovo sistema che superi il modello del precariato verso una reale tutela del nuovo lavoratore.

Le parole di Monti, intervistato ieri sera dal Tg5 e a Matrix, stanno facendo discutere e continueranno a scatenare dibattiti anche nei prossimi giorni. Il problema del lavoro, si sa, è molto sentito soprattutto in tempi di crisi e alla vigilia di riforme molto importanti nel settore. La riflessione del Premier sul posto fisso che non esiste più è certamente una constatazione più che un obiettivo del Governo, perché basta girarsi intorno e capire che il mercato del lavoro di posti fissi non né offre più da un bel pezzo e le tante riforme applicate sia da governi di centrodestra che di centrosinistra da tempo ormai hanno virato sulla strada del precariato. Perché, inutile girarci intorno, le forme di flessibilità in entrata e in uscita dal mondo del lavoro introdotte nel nostro Paese hanno finito per trasformarsi in un inno al precariato in un Paese dove la mobilità sociale e pressoché nulla e l'accesso al mondo lavorativo è irto di ostacoli.

SUPERARE IL MERCATO DEL LAVORO DUALE? –  Il posto fisso sarà anche monotono come dice Monti ma, come hanno ricordato in molti su Twitter, lo è ancora di più la disoccupazione di lungo corso o la finta flessibilità che ti porta a fare lo stesso lavoro nella stessa azienda con contratti che cambiano a scadenza regolare. Il problema fondamentale, che il mondo politico non ha mai voluto affrontare, è che non è tanto la fine di un rapporto lavorativo che preoccupa i giovani, ma la possibilità di trovare un'altra occupazione in breve tempo. Le soluzioni fin qui escogitate evidentemente non hanno portato grandi risultati e spiace costatare come il Governo dei tecnici si avvii sulla stessa strada dei suoi predecessori. Se saranno confermate le indiscrezioni, l'abolizione dell'art.18 solo per i nuovi assunti non farà altro che perpetrare quel mercato del lavoro duale che il Ministro Fornero aveva detto di voler eliminare e che Monti ha definito "apartheid tra chi è dentro e chi è fuori". Come spesso accade in Italia, quando sorgono problemi o opposizioni verso nuove normative si cerca di aggirarle con soluzioni più semplici e immediate che ovviamente vanno a toccare le categorie meno tutelate e difese.

RIPENSARE AD UN NUOVO MODELLO – Se è vero che l'art. 18 non deve essere un tabù, ci si deve ricordare che una riforma del lavoro che garantisca agi imprenditori di poter assumere e licenziare più facilmente deve essere per forza di cose accompagnata ad un ripensamento generale del funzionamento del Paese. La flessibilità, infatti, comporta degli stili di vita differenti che per forza di cose dovranno  essere sostenuti da regole diverse ad iniziare da stipendi diversi, da servizi adeguati per chi è momentaneamente escluso dal mercato del lavoro, ma anche da ammortizzatori sociali adeguati, fino ad arrivare alla possibilità di poter accendere un mutuo senza vincoli altamente restrittivi. Se non si capisce questo o se si rimandano, come a volte è stato fatto, le modifiche connesse a quelle del lavoro a tempi futuri, non si otterrà null'altro che un regressione dei diritti e un impoverimento generalizzato dei lavoratori.

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