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Monica Lewinsky: “Mi innamorai di Bill, ancora oggi mi chiamano tr…”

L’ex stagista ha detto: “All’età di 22 anni mi innamorai del mio capo e a 24 anni ne imparai le devastanti conseguenze. Non passa giorno che non mi torni in mente il mio errore, e mi pento profondamente di quell’errore”.
A cura di D. F.
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"All'età di 22 anni mi innamorai del mio capo e a 24 anni ne imparai le devastanti conseguenze. Non passa giorno che non mi torni in mente il mio errore, e mi pento profondamente di quell'errore": a parlare è Monica Lewinsky, l'ex stagista della Casa Bianca protagonista dello scandalo che alla fine degli anni Novanta rischiò di travolgere l'allora presidente Bill Clinton. Parlando a un convegno dell'Australian Association of National Advertisers (AANA) a Sydney, la donna ha ricordato anni di insulti e umiliazioni che l'avrebbero portata alla soglia del suicidio. Ora contribuisce con le sue esperienze personali, a una campagna contro il problema del cyberbullismo. L'ex stagista, oggi 43enne, ha ricordato come si fosse innamorata dell'allora presidente e ha parlato della sofferenza provata quando la vicenda divenne di pubblico dominio. "Sono stata chiamata troia, donnaccia e simili, e naturalmente ‘quella donna'", ha detto, aggiungendo che "la crudeltà verso gli altri non è nuova ma ho visto una svolta nel potere di umiliazione data l'ampiezza e la portata di Internet… senza restrizioni e permanentemente accessibile".

Come si ricorderà il Sexgate fu lo scandalo politico sessuale che nel 1998 coinvolse l'allora Presidente degli Stati Uniti Bill Clinton e Monica Lewinsky, una stagista ventiduenne della Casa Bianca. La donna ingenuamente raccontò i dettagli della sua relazione con "l'uomo più potente del mondo" a una sua amica, Linda Tripp, che lavorava al Dipartimento della Difesa e registrava le telefonate con la Lewinsky. Quando, nel '98, scoppiò il caso Paula Jones (dal nome della reporter che accusò Clinton di molestie sessuali), la Tripp decise di consegnare i nastri delle telefonate al giudice Kenneth Starr, che indagò sui comportamenti del presidente. Lo scandalo che ne seguì ebbe risonanza mondiale e portò la Camera dei Rappresentanti a sfiduciare Clinton. Il Partito Repubblicano – lo stesso che oggi tollera le sparate sessiste di Trump – tentò di avviare la procedura di impeachment contro il presidente, ce tuttavia ammise le sue responsabilità e pose almeno in parte fine alle polemiche.

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