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Opinioni

Migranti, sfiorata collisione tra guardia costiera libica e nave dell’ong Sea Watch

L’operazione di salvataggio dell’Ong tedesca Sea-Watch ad un barcone di migranti ha rischiato di finire in tragedia. La manovra spericolata di un vascello della guardia costiera libica giunto sul posto per poco non causa lo scontro tra le due imbarcazioni.
A cura di Mirko Bellis
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Il mancato speronamento tra le due navi (Foto Sea-Watch)
Il mancato speronamento tra le due navi (Foto Sea-Watch)

Tentativo di salvataggio di vite umane o operazione di contrasto dell’immigrazione irregolare? Una cosa è certa: mercoledì mattina, al largo delle coste libiche si è sfiorato un incidente tra un’imbarcazione di Sea-Watch – un'Ong tedesca impegnata nelle operazioni di soccorso dei migranti nel Mediterraneo – e un vascello della guardia costiera libica. All'alba di mercoledì, il capitano della nave Sea-Watch 2, Ruben Lampart, ha ricevuto un messaggio dal Centro di coordinamento del salvataggio marittimo (Mrcc) di Roma con la segnalazione di un barcone in difficoltà al largo della Libia. L'equipaggio dell'Ong, già sul motoscafo per consegnare ai migranti i giubbotti di salvataggio, ha dovuto bruscamente interrompere l’operazione quando sul luogo è piombato un vascello della Marina libica. E la manovra a dir poco spericolata dell’imbarcazione della guardia costiera libica per poco non causa lo scontro tra le due navi. Se per Sea-Watch si è trattato di un’operazione illegale in acque internazionali, secondo il portavoce della Marina libica, il capitano di vascello Ayob Amr Ghasem, l’imbarcazione dell'Ong ha cercato di impedire l'intervento di una loro motovedetta rischiando uno speronamento.

Fuori dalle acque territoriali libiche

La posizione della Sea-Watch 2 al momento dell'avvistamento del barcone con i migranti (Foto Sea-Watch)
La posizione della Sea-Watch 2 al momento dell'avvistamento del barcone con i migranti (Foto Sea-Watch)

Sea-Watch afferma che la posizione della loro imbarcazione fosse a circa 20 miglia nautiche (37 chilometri) dalla costa libica, fuori quindi dalle sue acque territoriali. E’ altrettanto vero, però, che uno Stato ha il diritto di esercitare il controllo necessario a prevenire la violazione delle norme doganali o, come in questo caso, dell’immigrazione illegale fino a 24 miglia dalle sue coste, la cosiddetta “zona contigua”. Ma – fanno notare i responsabili di Sea Watch – poiché non c’erano pericoli di contrabbando o di pesca illegale, in quella zona si applicherebbero le norme previste per le acque internazionali. In sostanza – secondo l'Ong – si doveva adottare il principio per cui le persone in difficoltà in mare devono essere portate al porto sicuro più vicino. E la Libia – proseguono da Sea-Watch – non può essere considerato un porto sicuro per l’incolumità dei migranti. Dello stesso avviso anche un gruppo di esperti per i diritti umani delle Nazioni Unite, secondo cui, i migranti in Libia potrebbero essere a rischio di tortura e trattamenti inumani o degradanti.

La manovra della guardia costiera libica

In mare ci sono regole ben definite: quando due imbarcazioni incrociano la loro rotta, quella che rivela l'altra sulla dritta deve lasciare a questa la rotta libera manovrando in modo deciso e tempestivo. In questo caso, il vascello libico avrebbe dovuto lasciare passare l’imbarcazione di Sea-Watch che proveniva, appunto, dalla sua destra. Nel video diffuso dall'Ong si vede chiaramente la manovra della nave libica che taglia la rotta della Sea Watch 2 sfiorandola di poco. “In nessun momento – si difendono i responsabili dell'Ong tedesca – abbiamo cercato di interferire o ostacolare il trasferimento. E’ stato il vascello libico piuttosto a mettere in pericolo la nostra nave e il suo equipaggio con quella manovra audace”. La Libia ha fornito una versione diversa di quanto accaduto. Secondo il portavoce della Marina libica, “un'organizzazione internazionale di soccorso chiamata Sea-Watch ha cercato di ostacolare il lavoro della nostra guardia costiera. Il loro obiettivo era prelevare i migranti sostenendo che la Libia non è un posto sicuro per loro”.

L'arrivo dei migranti al porto di Tripoli a bordo del vascello della guardia costiera libica (Foto: Reuters)
L'arrivo dei migranti al porto di Tripoli a bordo del vascello della guardia costiera libica (Foto: Reuters)

Soccorso dei migranti o rimpatrio forzoso?

Sea-Watch sostiene che il Centro di coordinamento per il salvataggio marittimo (Mrcc) di Roma li ha informati mercoledì mattina della presenza di un barcone al largo delle coste della Libia.

Il testo inviato a Sea-Watch dal Centro di coordinamento per il salvataggio marittimo (Foto Sea-Watch)
Il testo inviato a Sea-Watch dal Centro di coordinamento per il salvataggio marittimo (Foto Sea-Watch)

Quando il capitano dell’imbarcazione di Sea-Watch2 – afferma l’Ong – è venuto a conoscenza dal Mrcc che sul posto si stava dirigendo anche una nave della guardia costiera libica ha cercato di mettersi in contatto via radio con quest'ultima per coordinare il salvataggio ma – secondo la versione di Sea-Watch – senza ricevere nessuna risposta.  Così, mentre i soccorritori dell'Ong tedesca stavano già scendendo sul motoscafo con i giubbotti di salvataggio, è arrivata l’imbarcazione libica che ha provveduto a far salire a bordo gran parte dei migranti scortando il resto sul barcone fino al porto di Tripoli.

Tra gli oltre trecento migranti partiti martedì sera da Sabrata c’erano moltissimi marocchini, tunisini e anche alcuni siriani. Circa 20 le donne, come una siriana che ha raccontato a Reuters di aver attraversato sei Paesi prima di arrivare in Libia. In ogni frontiera ha dovuto pagare mille dollari. Nel viaggio è stata costretta ad abbandonare in Giordania i suoi due figli di 12 e 13 anni . “Volevo partire per l'Europa – ha dichiarato sconsolata – è stato un tentativo di avere una vita migliore, purtroppo non ce l’abbiamo fatta”.

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