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Micron, 419 lavoratori si mettono in vendita contro i tagli al personale

Matematici, ingegneri e programmatori dalle elevatissime competenze, hanno deciso di “mettersi in vendita” per protestare contro i tagli al personale decisi dai vertici societari.
A cura di D. F.
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Avevano annunciato battaglia e stanno tenendo fede alla parola data. Ben 419 dipendenti della Micron Semiconductor – multinazionale statunitense specializzata nel settore elettronico – tra matematici, ingegneri e programmatori dalle elevatissime competenze, hanno deciso di "mettersi in vendita" per protestare contro i tagli al personale decisi dai vertici societari. I lavoratori hanno fatto sentire la loro voce e sollevato – anche mediaticamente – il caso, partecipando alla trasmissione Servizio Pubblico e dandosi da fare sui social network, nel tentativo di innescare una rete di solidarietà in tutta Italia.

Il tempo, tuttavia, sta per scadere. Se entro il 7 aprile non verrà individuata una soluzione il 40% del personale rischia di perdere il posto di lavoro nelle quattro sedi italiane di Agrate, Arzano, Catania e Avezzano. I tagli voluti dalla società sul territorio italiano hanno lo scopo di coprire gli investimenti fatti negli Stati Uniti.

In questo quadro molti lavoratori si trovano di fronte a un bivio: la società ha infatti proposto loro di trasferirsi negli Stati Uniti, anche se ben pochi sono disposti a cambiare completamente vita, trasferendosi in un nuovo continente insieme alle famiglie. Si attende, quindi, che il governo effettui un'intermediazione: cosa che non è ancora avvenuta, aumentando non poco il malumore – già altissimo – dei dipendenti.

Alla fine di gennaio la Fim Cisl aveva reso nota, in una drammatica lettera a Papa Francesco, la situazione di decine di dipendenti disperati dello stabilimento di Catania: alcuni di loro erano stati costretti ad abortire vista la prospettiva di licenziamenti e la conseguente impossibilità di sfamare un figlio: “La multinazionale americana Micron ha messo 419 famiglie sul ciglio del burrone. Alcuni nostri colleghi che da poche settimane hanno ricevuto la grazia di aspettare un figlio, per sconforto e disperazione, pensano di ricorrere all’interruzione di gravidanza perché non potranno garantirgli un futuro dignitoso” si leggeva nello sconfortante messaggio inviato da alcuni delegati sindacali della Fim Cisl al Pontefice. Nella missiva si chiedeva al Santo Padre di intercedere per “aiutarci a portare alle famiglie la speranza nella vita che viene da Dio”.

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