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“Messer Giorgio, amico caro”: a Firenze in mostra le lettere fra Michelangelo e Vasari

Dal 12 maggio al 24 luglio il Palazzo Medici Ricciardi ospita una mostra unica nel suo genere: per la prima volta, l’archivio di Giorgio Vasari arriva a Firenze, con un corpus di lettere originali scritte dal grande architetto a Michelangelo Buonarroti.
A cura di Federica D'Alfonso
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Da oggi fino al 24 luglio il Palazzo Medici Riccardi di Firenze ospita una mostra interamente dedicata a Michelangelo: ma non alle sue opere, come ci si aspetterebbe, bensì alle sue lettere. "All'amico caro messer Giorgio" Vasari: a distanza di quasi 110 anni, per la prima volta arrivano a Firenze le preziose lettere private del celebre architetto e autore delle “Vite”, scambiate tra il 1550 e il 1557 con l'artista. L’esposizione proviene dalla collezione dell’archivio Vasari di Arezzo, ed è a cura di Elena Capretti e Sergio Risaliti: una testimonianza diretta e preziosa sia della vicenda umana che della formazione artistica di Giorgio Vasari, della sua personalità poliedrica, della sua vasta produzione, dei suoi rapporti con i committenti e con i maggiori artisti e letterati del suo tempo, in particolare con Michelangelo.

Una sezione è dedicata a documentare il rapporto privilegiato che Giorgio Vasari intrattiene con il suo principale committente Cosimo I de’ Medici, ma anche i sodalizi instaurati con letterati ed eruditi del tempo come Paolo Giovio, Annibal Caro, Vincenzo Borghini, Cosimo Bartoli, Pietro Bembo e Pietro Aretino.

La parte centrale dell'esposizione è però dedicata al rapporto con Michelangelo: nelle carte, l'anziano Buonarroti parla della nascita del nipote, affronta il trauma della morte dell'assistente Urbino, si rammarica degli errori commessi nel cantiere di San Pietro e si dispiace di non poter tornare a Firenze, come vorrebbero l'amico Vasari e Cosimo I. Le lettere contengono anche tre sonetti, considerati il testamento spirituale dell’artista, tra i quali "Giunto è già il corso della vita mia", del 19 settembre del 1554.

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Il percorso espositivo prosegue con il racconto di come nasce l’idea e la storia de "Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori, e architettori", che Vasari pubblica a Firenze in due edizioni, entrambe con una dedica al duca Cosimo I de’ Medici: la prima uscita nel 1550 e la seconda, ampliata e corredata dei ritratti incisi degli artisti, edita dai Giunti.

Nel 1550 uscì la prima edizione delle "Vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori", che conteneva una biografia di Michelangelo, la prima scritta di un artista vivente, in posizione conclusiva dell'opera che celebrava l'artista come vertice di quella catena di grandi artefici che partiva da Cimabue e Giotto, raggiungendo nella sua persona la sintesi di perfetta padronanza delle arti (pittura, scultura e architettura) in grado non solo di rivaleggiare ma anche di superare i mitici maestri dell'antichità.

Il restauro di un significativo nucleo di lettere e la digitalizzazione dell’intero archivio, interventi promossi e diretti dalla Soprintendenza Archivistica e Bibliografica della Toscana, rappresentano l’occasione per esporre per la prima volta a Firenze i documenti più rilevanti di questo fondo, conservato ad Arezzo presso il Museo Casa Vasari.

L’Archivio Vasari

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I manoscritti esposti nella mostra provengono dall’archivio della famiglia Vasari, a tutt’oggi conservato nella casa aretina dell’artista, acquistata dallo Stato italiano nel 1911 in occasione del IV centenario della nascita, e trasformata in Casa Museo Vasari. I preziosi documenti rimasero pressoché sconosciuti fino al 1908, quando vennero rinvenuti da Giovanni Poggi, allora Direttore del Museo Nazionale del Bargello.

“Un lembo del secolo d’oro”, li definì il giornalista e scrittore Ugo Ojetti sulle pagine del “Corriere della Sera” nel 1908 quando Giovanni Poggi, allora Direttore del Museo Nazionale del Bargello, rinvenne i preziosi reperti nell’archivio Spinelli di Arezzo.

L’archivio Vasari è tutt’ora di proprietà privata e appartiene ai fratelli Festari, in qualità di eredi Rasponi Spinelli. Esso è stato dichiarato di notevole interesse storico fin dai primi decenni del Novecento e nel 1994 è stato riconosciuto il suo intrinseco legame con la casa aretina dell’artista, a cui è stato vincolato con un decreto del Ministro per i Beni e le Attività Culturali.

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