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Mediaset-Vivendi, in attesa dell’accordo è ancora rissa

Vivendi accusa Fininvest e Mediaset di aver truccato le carte per vendere meglio Mediaset Premium, il gruppo italiano ribatte: tutto regolare, dai francesi comportamento stupefacente. Un accordo sembra a tutti inevitabile, ma richiede un via libera politico che per ora non è arrivato né da Roma né da Parigi, così la rissa mediatica va avanti…
A cura di Luca Spoldi
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Tra Mediaset e Vivendi l’accordo appare inevitabile, ma per ora se non è rissa (mediatica) poco ci manca. Il gruppo francese approfittando della presentazione della semestrale, chiusa con 5,044 miliardi di ricavi e un utile netto di 911 milioni, ha accusato gli italiani di aver fornito cifre di Mediaset Premium non realistiche e che “posano su una base aumentata artificialmente” (i 2 milioni di clienti raggiunti a colpi di sconti e promozioni che hanno già fatto schizzare le perdite nel primo semestre dell’anno), Fininvest che ribatte definendo “stupefacente” l’atteggiamento del gruppo francese e ribadisce “l’assoluta linearità e correttezza dei comportamenti suoi e della controllata Mediaset” e continua a chiedere che Vivendi adempia agli “accordi contrattuali vincolanti stipulati”.

Il problema è che un accordo come quello che Vincent Bolloré ha provato a fare, trasformando l’originale intesa relativa alle sole attività (in perdita) di pay tv di Mediaset Premium in una partnership “forte” tra Vivendi e Mediaset che potesse essere il trampolino di lancio per un ben più ambizioso progetto di integrazione tra quest’ultima e Telecom Italia (da integrare a sua volta con Orange, l’ex France Telecom), non si può fare se non si ha un via libera politico che per ora non è giunto né da Roma né da Parigi. Così i contendenti prendono tempo, i primi desiderosi di alleggerire il proprio bilancio di una zavorra che non ha mai portato utili, i secondi fermamente intenzionati a non appesantire i propri conti se non in cambio di una fetta di torta ben più appetitosa.

Mediaset Premium, infatti, non solo dal 2007 a oggi non ha mai prodotto utili ma dopo l’infausta decisione di strappare i diritti tv del calcio a Sky strapagandoli, nel 2014, 690  milioni  di euro per il triennio 2015-2018 (230 milioni all’anno contro i 130 pagati per il triennio precedente dal gruppo di Rupert Murdoch) ha chiuso in perdita il primo semestre di quest’anno per 101 milioni, un rosso già superiore agli 83,88 milioni di perdite dell’intero 2015, nonostante gli abbonati siano saliti sopra quota 2 milioni. Colpa del fatto, spiegano gli analisti, che in nessun mercato maturo il settore della televisione a pagamento ha mai visto prosperare più di una piattaforma e in Italia questa piattaforma è Sky, che sempre a fine giugno ha visto gli abbonati risalire a 4,742 milioni, 17 mila più che a fine 2015, con 2,79 miliardi di ricavi e un utile operativo di 67 milioni.

Diverso il discorso Mediaset: sistemata, magari tramite l’intervento di un investitore finanziario trovato tramite i buoni uffici di Mediobanca (nel cui “salotto buono” Vincent Bolloré e Silvio Berlusconi sono consoci), la partita Mediaset Premium, così da poter entrambi deconsolidare o non consolidare la partecipazione e tenerne i relativi oneri fuori bilancio, la televisione generalista dell’ex premier italiano si è dimostrata fino ad oggi in grado di fare, e bene, il suo mestiere, difendendo gelosamente una quota del 60% del mercato pubblicitario italiano (che vale 6 miliardi di euro l’anno). Il problema, semmai, sono le prospettive future, dato che i palinsesti sono fermi da anni e il pubblico di riferimento sta sempre più invecchiando, mentre i millenials ormai snobbano in toto la televisione, preferendole nuovi media da Youtube (Google) a Netflix.

Visto che Vivendi continua a ripetere di voler creare un gruppo di produzione e distribuzione di contenuti con un forte radicamento nell’Europa latina, un accordo che “salga di livello” appare l’unico modo per chiudere la querelle, salvo clamorose ritirate di una delle due parti, in questo caso secondo alcuni più probabilmente Bolloré, che da qualche tempo sembra meno brillante del solito. Vivendi oggi perde oltre il 2% in borsa, ma sul titolo oltre alla vicenda italiana pesano maggiormente una certa delusione per i conti della semestrale, in particolare per l’andamento del secondo trimestre proprio delle attività di pay-tv (tanto che il gruppo ha già pianificato un taglio dei costi da 300 milioni di euro per Canal Plus) e le parole di Janet Yellen che da Jackson Hole sottolinea come la possibilità di un rialzo dei tassi Usa si è “rafforzata negli ultimi mesi”.

Negativa in mattinata, Mediaset ha invece recuperato buona parte delle perdite nel corso del pomeriggio a Milano, dopo la pronta risposta alle accuse francesi. Contribuisce al recupero anche una nota di Banca Akros in cui gli analisti, confermando la propria opinione circa il fatto che un accordo alla fine sarà trovato, hanno sottolineato come Mediaset, in ogni caso, potrebbe trovare un “piano B” cedendo le attività di pay tv a un altro operatore. Ipotesi che non tutti condividono visto che Sky non sembra aver alcun interesse e che altri gruppi si troverebbero nella stessa situazione in cui versa attualmente Mediaset. Così alla fine l’ipotesi di un matrimonio a quattro tra Canal Plus, Mediaset Premium, Telecom Italia e Orange per dar vita a un gruppo europeo nel settore della creazione e distribuzione di contenuti potrebbe davvero essere l’unica opzione valida, Roma e Parigi permettendo, ovviamente.

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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