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Mayar, 3 anni: dalla Siria a Torino per un trapianto di fegato

La piccola è fuggita da Aleppo per rifugiarsi in Turchia, ma ieri è finalmente arrivata a Torino insieme alla sua famiglia: qui presto verrà sottoposta a trapianto di fegato.
A cura di Davide Falcioni
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Questa mattina è stata ricoverata nel reparto di gastroenterologia dell'ospedale infantile Regina Margherita di Torino la piccola Mayar, una bimba di nazionalità siriana che soffre di una rarissima patologia per la cui cura è necessario un trapianto di fegato. In un primo momento, a causa di difficoltà burocratiche, alla piccola era stato vietato di venire in Italia per farsi operare: fortunatamente la situazione è stata sbloccata grazie all'intervento di due associazioni di cooperazione internazionale e del quotidiano La Stampa, che ha promosso una gara di solidarietà tra i propri lettori. La famiglia di Mayar – il papà di 31 anni, la mamma di 26 e due fratelli più grandi – se ne era andata da Aleppo, dove abitava, fino alla Turchia, percorrendo oltre mille chilometri in automobile. Da Istanbul i cinque siriani hanno preso un volo per l'aeroporto di Torino Caselle, dove sono atterrati poco dopo le 10 di ieri mattina. Poi il trasferimento in ospedale, dove nei prossimi giorni verrà sottoposta a tutti gli esami del caso.

Verrà operata non appena sarà disponibile un fegato, ma senza nessuna urgenza per il momento perché, come spiega a La Stampa il dottor Calvo, "non essendoci un pericolo imminente di vita, non entrerà nella lista trapianti finché non avremo completamente ristabilito il suo equilibrio metabolico". La bimba, infatti, deve essere alimentata con attenzione per un periodo di tempo perché il suo fegato, enormemente ingrossato, deve ridurre le sue dimensioni. "Nel frattempo – spiega il dottor Andrea Brunati, chirurgo dell’équipe che effettuerà il trapianto – dobbiamo conoscere e misurare tutti i parametri di compatibilità per la selezione dell’organo sano". Non è da escludere che i donatori possano essere il papà e la mamma, se il gruppo sanguigno permetterà: "Naturalmente – spiegano i medici – è l’ultima strada che percorreremo, per evitare di dover sottoporre a intervento anche uno dei genitori della bambina. Ma è una possibilità che teniamo sempre aperta".

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