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Maya, una civiltà distrutta dai cambiamenti climatici: l’ipotesi degli scienziati

Un nuovo studio ha messo in relazione i cambiamenti climatici e le guerre: più la temperatura aumenta, più i conflitti si fanno serrati. È quello che è accaduto al popolo Maya.
A cura di Federica D'Alfonso
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Ceramica maya proveniente da Tikal
Ceramica maya proveniente da Tikal

È possibile che il riscaldamento globale e il conseguente aumento delle temperature generi più guerre? Secondo alcuni ricercatori statunitensi, sì. E la conferma di questa ipotesi arriva non dalla contemporaneità, bensì dalle antiche culture del centro America: i Maya, infatti, sarebbero stati la popolazione che più di tutte ha subito questo fenomeno.

Lo studio, pubblicato sulla rivista Quaternary Science, e ha esaminato circa 600 anni di storia Maya, dal 350 all'900 d. C. Questo è il cosiddetto periodo classico, in cui sviluppo della civiltà mesoamericana arrivò all'apice, grazie anche uno dei primi sistemi di scrittura delle Americhe. Mediante lo studio delle iscrizioni su pietra, che forniscono resoconti molto dettagliati di eventi politici come le guerre fra le città-stato, e alle registrazioni di temperatura e delle precipitazioni per le regioni abitate durante l'età classica, è stato possibile stimare il rapporto esistente fra l'aumento di temperatura e il dilagare dei conflitti fra le popolazioni.

La corrispondenza fra questi due dati apparentemente inconciliabili è impressionante. I livelli di conflitto, tra il 350 e il 900 d. C., sembrano essere cresciuti esponenzialmente: da 3 ogni 25 anni si è passati a 24 ogni 25 anni. Questo enorme aumento delle guerre, secondo gli studiosi, sarebbe appunto dettato dall'aumento delle temperature medie estive.

Questo perché una delle conseguenze dell'aumento di temperatura è legata strettamente all'ambito psicologico: quando la temperatura aumenta, gli animi si accendono. L'altra conseguenza è di natura economica: con una temperatura troppo alta il prodotto principale dell'economia Maya, ovvero il mais, ne ha risentito notevolmente. Con il calo dei rendimenti di mais un sovrano non avrebbe potuto fatto affidamento su feste opulente o grandi forze di lavoro necessarie per costruire imponenti monumenti. Di conseguenza, l'entrata in guerra sarebbe stata una tattica efficace per mantenere lo status, il prestigio e il potere.

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