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Maurizio Braucci spiega “Anime Nere” di Francesco Munzi

Il film sulla ‘ndrangheta di Francesco Munzi trionfa alla cerimonia dei David di Donatello portandosi a casa ben 9 statuette. Maurizio Braucci che lo ha scritto ci racconta la sua lavorazione e l’emozione per il premio come ‘miglior sceneggiatura’.
A cura di Andrea Esposito
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In occasione del festival di letteratura “Un’altra galassia”, abbiamo incontrato lo sceneggiatore Maurizio Braucci (“Reality”, “Gomorra”) che proprio tre giorni fa ha vinto il David di Donatello per “Anime nere” diretto da Francesco Munzi.

Il film, ambientato in Calabria, ad Africo, si è aggiudicato ben nove statuette (incluso miglior film e miglior regia) ed è un viaggio nel cuore della ‘ndrangheta, liberamente tratto dal libro di Gioacchino Criaco. “Anime nere” racconta, in sintesi, la storia di tre fratelli (interpretati da Fabrizio Ferracane, Marco Leonardi e Peppino Mazzotta) cresciuti nell'odio per l'uomo che ha ammazzato il padre, un pastore dell'Aspromonte.

I tre conducono esistenze molto diverse: il fratello più anziano è rimasto in Calabria dove conduce una vita solitaria a contatto con la terra e gli animali, mentre il più giovane è diventato un trafficante internazionale di droga. L’altro, milanese adottivo, dalle apparenze borghesi, fa l’imprenditore grazie ai soldi sporchi del secondo. Sarà però il figlio del primo fratello, un giovane alla deriva, a mettere in crisi gli equilibri di mafia scatenando una faida fra clan.

"Anime nere" vince 9 David di Donatello

Secondo le parole di Braucci: “Questo film è stato realizzato solo grazie all’incrollabile determinazione di Munzi che, nonostante i molti problemi, ha creduto fortemente nel progetto e lo ha portato a termine. A riprova del fatto che se uno tiene duro e non si arrende alle difficoltà poi i risultati arrivano, nonostante il film a Venezia non abbia ottenuto alcun riconoscimento”. Sul premio che lo riguarda personalmente, quello alla sceneggiatura, Braucci prima si schernisce, “Troppa grazia!”, poi però ci racconta: “Sono molto contento perché questo è un lavoro difficile, molti credono che la sceneggiatura sia una sorta di libro che uno scrive e che viene poi messo in scena. Non è così, la sceneggiatura è una scrittura progettuale, una serie di ipotesi che il regista verifica quando si trova a contatto con i mondi che vuole raccontare".

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