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Marcello Colafigli scarcerato? “Il bufalo” della Banda della Magliana potrebbe sfuggire all’ergastolo

Marcello Colafigli, “er Bufalo” della Banda della Magliana potrebbe uscire domani di prigione per un appiglio giuridico. Cosa succederà?
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Ci sono personaggi nella Roma della malavita e nell’epopea della Banda della Magliana che sono rimasti pietre miliari attraverso il tempo. Nomi che sono stati mitizzati nel film e nella serie di Romanzo Criminale fino a farne icone mediatiche popolari.

Molti di loro sono morti, uno si è pentito ed è ancora vivo, altri stanno scontando residui di pena o sono già liberi. Solo uno degli interpreti principali porta sulla sua scheda il “fine pena mai”, l’ergastolo.

Chi è amante della fiction Romanzo Criminale, ricorderà sicuramente l’inizio della prima serie. Un signore con i capelli bianchi si aggira spaesato tra un quartiere di Roma, condizione di chi è appena uscito da un periodo detentivo molto lungo e trova la sua zona cambiata. Tanto quanto è cambiato lui fisicamente. Quell’uomo, nella fiction, è “il Bufalo”. Alias Marcello Colafigli in quella che fu la vera Banda della Magliana. Mai come oggi, possiamo dire che, la fiction, potrebbe essere premonitrice rispetto alla realtà.

La scarcerazione immediata, questo l’obbiettivo che si prefigge l’avvocato di “Marcellone” Colafigli rispetto ad un incidente d’esecuzione presentato alla Corte d’Assise di Roma e che si discuterà domani. Incidente che potrebbe far uscire all’istante, dal carcere torinese dove è rinchiuso, uno dei boss più temuti della banda della Magliana. Temuto dalla società ma anche dai suoi ex amici di strada. Non pensiamo che tutti i rancori siano finiti in quei giorni di piombo e sangue dei primi anni ‘90, quando la “Banda” era solo un tiepido ricordo e per le strade di Roma si parlava a colpi di pistola tra chi, quella stessa organizzazione, l’aveva composta.

Continuazione. Questa è la parola magica che cercherà di usare l’avvocato del boss che ha già scontato un totale di 37 anni. Colafigli è stato condannato all’ergastolo per due omicidi: Sergio Carrozzi, ucciso con tre colpi di pistola alla schiena e alla nuca nell’Agosto del ‘78 ed Enrico De Pedis, il re di Testaccio caduto sui sampietrini del centro della Capitale il 2 Febbraio del 1990. La legge parla chiaro. Esiste continuazione quando due reati avvengono all’interno dello stesso contesto criminale. In quel caso le condanne non si sommano ma vengono comminati 30 anni come massimo della pena.

Diversamente, quando i reati non sono in esecuzione del medesimo disegno criminoso le pene si sommano. Ed è questo che fino all’ultimo grado del processo è stato riconosciuto a Colafigli. Per l’omicidio di Carrozzi, reo di aver denunciato un’estorsione, la pena è stata di 27 anni. Per la morte di “Renatino” sono stati 25 gli anni di condanna. Un totale che ha un solo nome: ergastolo.

Difficile vedere la continuazione tra un omicidio punitivo, quando ancora la Banda era un sodalizio, e un omicidio a scopo di vendetta. Quando di quelle batterie, riunite dalla Magliana a Testaccio sotto lo stesso vertice, rimaneva solo il ricordo. Eppure è questo che cercherà di dimostrare il legale di Colafigli davanti al Giudice della Corte d’Assise d’Appello di Roma. A rappresentare il Procuratore Generale il dott. Otello Lupacchini. Nome, quello del magistrato, che non troverà sicuramente il gradimento dell’ex boss perché fu lui “a condurre le danze” contro la Banda, dando il colpo di grazia a un sodalizio criminale ventennale.

La storia è una ruota che gira. Nomi e circostanze tornano a incrociarsi, tornano a galla omicidi che fanno discutere, da anni, per caratteristiche mafiose sempre chieste dall’accusa e mai riconosciute dal Tribunale romano. E’ il caso proprio dell’omicidio di Sergio Carrozzi, morì perché non era stato omertoso e per lo stesso motivo non si prefigurò, al tempo, l’associazione mafiosa per i killer e quindi per la Banda. Una distorsione che si trascina tuttora e che, negli anni, ha permesso al crimine organizzato di sfruttare questo “jolly” nelle aule di Piazzale Clodio o al Palazzaccio, in Cassazione.

Colafigli, che ha già scontato in varie tranche trentasette anni di galera, se uscisse, che impatto avrebbe nel mondo criminale? Avrebbe conti in sospeso da sistemare? Vecchi rancori da sopire? Uscirebbe e cercherebbe di rifarsi una vita o tramerebbe vendette o rivalse in un ambiente criminale che è cambiato ma che vede ancora attivi molti ex amici? Domande che sembrano lontane ma che tra pochi giorni potrebbe avere un senso farle.

La cosa certa è una: la Banda della Magliana, nella vita di Roma, non finirà fino a quando l’ultimo dei suoi sodali calpesterà il cemento della capitale.

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Reporter di una strada chiamata cronaca nera. Mi dedico a raccontare e trovare spiragli di verità nelle inchieste legate alla criminalità organizzata tra Roma e il Veneto. Dirigo il web magazine Notte Criminale e scrivo su alcuni giornali online. Cerco di arrivare prima degli altri alle notizie seguendo le “voci della strada”, in cui mi mischio e mi infiltro. Qualcuno dice che sono esperto di “mala romana” e “mala del Brenta”, ma sono solo un cantastorie del crimine e un convinto assertore della “Giustizia giusta”.
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