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Malato di parkinson guarisce con la stimolazione cerebrale e diventa maestro di sci

Il Parkinson può stravolgere la vita di una persona. Lo credeva anche un maestro di sci piemontese, a cui la malattia è stata diagnosticato a 29 anni. Sono passati dodici anni e ora, dopo l’intervento, è potuto tornare sulle piste e anche addirittura ad insegnare.
A cura di B. C.
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Aveva pensato che non avrebbe neanche mai più messo piede sulla neve, lui che nella vita era un grande appassionato di sci. Ma invece, operato è guarito dal Parkinson ed tornato sulle piste per fare ciò che amava di più. Un miracolo per Andrea che ha deciso di raccontare la sua storia al Corriere della Sera. Un miracolo dovuto alla scienza, più precisamente alla stimolazione cerebrale profonda, grazie alla quale è riuscito non solo ad affrontare di nuovo le discese più difficili, ma anche ad insegnare quello sport che tanto ama.

La storia di Andrea comincia una domenica pomeriggio, quando lui, non ancora trentenne, tiene in braccio la sua bambina, nata da poco. “È allora che ho avvertito per la prima volta un fastidio al braccio destro – racconta -. Non avevo idea di cosa fosse, pensavo a un banale indolenzimento muscolare. Così ho provato fisioterapia, massaggi, agopuntura, ma niente”. Il disturbo peggiora col tempo. L’uomo ha difficoltà a a scrivere, ad abbottonarsi la camicia, a farsi la barba, a tagliare una bistecca, a usare la frizione dell’auto. Poi ci sono quei tremori: alla mano, a volte alle labbra, alla mandibola, alle gambe. E anche un’infinita spossatezza. Il Parkinson la fa padrone. All’ospedale delle Molinette di Torino gli prescrivono dei farmaci antiparkinsoniani: levodopa e agonisti della dopamina. La cura è efficace per circa cinque anni, ma poi le medicine non bastano più e i disturbi cominciano a farsi di nuovo sentire. Andrea deve operarsi. E’ il settembre del 2012, quando viene operato dall’équipe di Michele Lanotte e Leonardo Lopiano, del dipartimento di Neuroscienze, una struttura che ha all’attivo 250 casi trattati in vent’anni.

La terapia prevede il posizionamento chirurgico bilaterale di un sottile elettrocatetere all'interno del cervello, che viene poi collegato ad un piccolo dispositivo chiamato neurostimolatore (simile a un pacemaker) solitamente impiantato sottocute nella regione toracica o addominale. Quando il neurostimolatore è attivo vengono generati impulsi elettrici che raggiungono il cervello, dove interrompono o riducono i segnali elettrici che causano i sintomi della malattia di Parkinson. “Trascorso un breve periodo di degenza vengo dimesso, con la raccomandazione di tornare ogni sei mesi per i controlli periodici – spiega Andrea -. Adesso i sintomi sono finalmente sotto controllo. Continuo ad assumere i farmaci, ma in dosi molto ridotte. Piano piano, la mia vita è ricominciata. Posso salire in alta montagna, cercare funghi, fare lunghe passeggiate, andare a pesca di trote nei fiumi. E soprattutto tornare sulle piste, avvolto nel silenzio e nel profumo di neve, con il sole che fa capolino dietro alle cime”.

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