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Mafia, la lettera inedita di Giovanni Falcone: “Non abbandono per paura”

Il passaggio dalla procura di Palermo all’ufficio affari penali del ministero di Grazia e Giustizia fu dettato piuttosto dalla volontà di combattere Cosa Nostra in maniera più ampia. La missiva del giudice assassinato a Capaci, pubblicata oggi da “L’Ora”.
A cura di Biagio Chiariello
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Giovanni Falcone non lasciò la procura di Palermo per paura. Lo si evince da una lettera inedita (di cui parla oggi il Corriere della Sera,  dando voce a quanto si legge nell’edizione domenicale da un giornale appena tornato in edicola, L’Ora) che il giudice, considerato con Paolo Borsellino dai boss di Cosa nostra il principale nemico da abbattere,  aveva inviato nel ’91 al professore Vincenzo Musacchio che ha poi insegnato Diritto penale presso l’Alta scuola di formazione della presidenza del consiglio a Roma, presidente dell’Istituto nazionale di studi sulla corruzione e direttore scientifico della Scuola della legalità ‘Don Peppe Diana’:

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“Anche io come lei sono convinto che il mio posto sia a Palermo, ma ci sono momenti in cui occorre fare delle scelte e impiegare tutte le energie possibili per la lotta alla mafia. Mi creda il mio non è un abbandono. Continui a credere nelle giustizia, c’è tanto bisogno di giovani con nobili ideali”. Nessun abbandono, dunque, dietro la scelta di passare all’ufficio affari penali del ministero di Grazia e Giustizia  (come si chiamava un tempo). Ma la volontà di ampliare il raggio della lotta alla mafia. “Finora è come se avessi fatto il muratore in una stanza che abbiamo provato a liberare dalla mafia. Adesso occorre provare a fare l’ingegnere per ristrutturare l’intero palazzo”, scrive nella missiva.

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