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Mafia ad Agrigento: sequestrati beni per 1.5 milioni a cinque boss

Beni per un valore complessivo di oltre un milione e cinquecentomila euro, riconducibili a cinque noti esponenti mafiosi di Agrigento, tutti attualmente detenuti, sono stati sequestrati e confiscati dalla Dia.
A cura di Susanna Picone
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La Direzione investigativa antimafia di Agrigento ha concluso un'indagine che ha portato al sequestro e alla confisca di beni per un valore complessivo di oltre un milione e mezzo di euro, riconducibili a cinque esponenti mafiosi, tutti attualmente in carcere. I provvedimenti sono stati emessi dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale, sulla base delle indagini economico-patrimoniali effettuate dalla Dia, su delega della Procura della Repubblica di Palermo. Le indagini sono coordinate dal Procuratore aggiunto Bernardo Petralia, coordinatore del gruppo misure di prevenzione della Dda di Palermo. I beni mafiosi sono riconducibili a Giuseppe Falsone, 44 anni di Campobello di Licata (Agrigento), ex capo di Cosa nostra della provincia di Agrigento; Simone Capizzi, 71 anni, e il figlio Giuseppe di 48 anni, per la Dia “entrambi elementi di spicco dell’articolazione riberese di Cosa nostra”; Damiano Marrella, 67 anni, ritenuto esponente della famiglia mafiosa di Montallegro e Pasquale Alaimo, 45enne, “appartenente alla famiglia mafiosa di Favara”.

I beni sequestrati ai cinque boss – In particolare a Giuseppe Falsone – che è stato tra i primi trenta latitanti più pericolosi del territorio nazionale, poi arrestato nel 2010 in Francia – è stata confiscata un'impresa a Campobello di Licata per la coltivazione di cereali e allevamento del valore di 35.000 euro. Tredici terreni, 3 fabbricati e 4 conti, per complessivi 870.000, sono stati sequestrati a Simone Capizzi – condannato all’ergastolo per omicidio – e al figlio Giuseppe, arrestato nel 2006 e attualmente in carcere a seguito di sentenza definitiva. A Damiano Marrella – condannato a 8 anni – sono stati sequestrati un immobile, fondi d'investimento e altri rapporti bancari per 300.000 euro. A Pasquale Alaimo – condannato a 13 anni per associazione mafiosa – immobili, automezzi, polizze assicurative, libretti di deposito, fondi comuni d'investimento, un conto corrente bancario per 270.000 euro.

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