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Ma ‘glamour’, di preciso, che vuol dire?

Dalle brume degli esoterismi scozzesi alle dive del primo Novecento, fino agli usi che ne facciamo oggi in Italia: la parabola di una parola che vuol dir tutto e non dice niente.
A cura di Giorgio Moretti
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Riviste, giornali, televendite, programmi televisivi. Quando si parla di moda, abbigliamento, arredamento, lifestyle, si parla di glamour. Però, pistola alla testa, che vuol dire di preciso glamour?

Rifarsi all'etimologia può essere utile? Vediamo. È una parola che viene dalla Scozia: glamour è una variante sette-ottocentesca di gramarye ‘magia, incantesimo', che sì, proprio come sembra è alterazione dell'inglese grammar ‘grammatica'. Qualcuno si chiederà che ci azzecca la magia con la grammatica, ma è facile a dirsi: sono entrambe dottrine sottili, dominii di formule. E già in latino medievale grammatica significava anche ‘disciplina esoterica'.

Inizio Ottocento. Questa parola si conquista un successo popolare cavalcando le opere di Sir Walter Scott, autore di Ivanhoe e maestro del genere Cappa e spada: eravamo nel pieno del Romanticismo, e ogni parola che evocasse atmosfere fatate e misteriose si dimostrava una risorsa interessante. Nei decenni successivi il riferimento alla magia e all'incantesimo del glamour si struttura sulla bellezza femminile: fascino, seduzione, charm. Finché la parabola si conclude nel XX secolo, quando il glamour si riduce alla generica attraenza di persone famose e ammirate.

Ma in Italia? Ebbene, sfogliando giornali e riviste, ascoltando programmi e pubblicità, ci si accorge che nessuno ha davvero un'idea chiara di che cosa ‘glamour' voglia dire. Non ha un significato univoco e non ha neppure una categoria grammaticale precisa. Approssimiamo in maniera generosa: è usato come sinonimo di ‘fascino' o ‘fascinoso' (il che ha etimologicamente senso). Ma in effetti dentro c'è di tutto.

Glamour è bello. Glamour è alla moda. Glamour è esclusivo. Glamour è elegante. Glamour è lussuoso. Glamour è sensuale. Ma non congiuntamente, anzi.

Ad esempio il glamour può non essere lussuoso, ed essere in voga perché economico (a soli 99 centesimi, accessori glamour per l'estate). E di conseguenza può dirsi glamour un prodotto di massa che è tutto, tutto fuorché esclusivo. Può essere chiamato glamour un modo di vestirsi sensuale e davvero lussuoso ed esclusivo che non conosce eleganza, e magari con la moda del momento ha poco a che vedere. Può essere glamour un arredamento che non è sensuale (come la maggior parte degli arredamenti, in effetti). E ça va sans dire che un capo di vestiario glamour può essere abominevolmente brutto.

Insomma, ‘glamour' può essere tutto e il contrario di tutto. Una parola che vuole suggestionare ma non fornisce significati: chi seriamente la usa o non sa che cosa vuole dire, o non sa come dirlo, o vuole sfoggiare un gergo di moda, o sta coprendo un vuoto di contenuti.

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Nato nel 1989, fiorentino. Giurista e scrittore gioviale. Co-fondatore del sito “Una parola al giorno”, dal 2010 faccio divulgazione linguistica online. Con Edoardo Lombardi Vallauri ho pubblicato il libro “Parole di giornata” (Il Mulino, 2015).
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