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Lucia Annibali sfregiata con l’acido, motivazioni Cassazione: “Varani non si è pentito”

I giudici che hanno confermato la condanna a venti anni per Luca Varani, l’ex fidanzato della avvocatessa sfregiata con l’acido, parlano di “elementi di prova molteplici”.
A cura di Susanna Picone
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Le lesioni inferte a Lucia Annibali, l’avvocatessa di Urbino nel 2013 sfregiata al volto con l'acido da due sicari albanesi incaricati dal suo ex compagno Luca Varani, erano tanto gravi da mettere in pericolo la sua vita. La stessa scelta di colpirla con l'acido e anche il “regime di vita, l'assunzione di stupefacenti, la condotta processuale e l'assenza di pentimento” hanno portato i giudici a emettere nei confronti di Varani una pena così alta. È quanto hanno scritto i giudici della Cassazione nelle motivazioni della sentenza con cui lo scorso 10 maggio hanno confermato la condanna a venti anni per l'ex fidanzato di Lucia. Luca Varani è stato condannato per tentato omicidio e stalking mentre i due esecutori materiali, Altistin Precetaj e Rubin Talaban, sono stati condannati a dodici anni. Dopo la sentenza del maggio scorso, la Annibali parlò di “un messaggio di speranza”, di una storia – la sua – diventata “una storia di speranza per tutti”.

Le motivazioni della Cassazione – Secondo la Corte di Cassazione, “le sentenze di merito indicano tutti gli elementi che in progressione evolutiva delle investigazioni hanno indotto a ritenere provato con certezza il ruolo dell'imputato nella sua qualità di mandante”. I giudici evidenziano inoltre che gli elementi di prova “sono molteplici”, comprese le tracce di acido trovate nella macchina che Varani stava per rottamare, e vanno nella stessa direzione della “confessione” che l'uomo aveva fatto al suo compagno in carcere allo scopo di prendere contatto coi due albanesi per concordare una versione. Per i giudici quello di Varani è stato “un comportamento di crescente invasione della vita privata della donna con atti finalizzati prima al controllo e, successivamente, alla sopraffazione, fino a giungere a un intento punitivo, per la decisione non revocabile assunta” dalla vittima “di interrompere la relazione, decisione che – si evidenzia nella sentenza – Varani non aveva accettato”.

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