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Lorenzo, morto di tumore a 5 anni, i legali: “La madre in gravidanza lavorava vicino Ilva”

I consulenti tecnici del legale difensore della famiglia Zaratta sostengono “che nel cervello di Lorenzo c’erano numerosi corpi estranei” tra cui ferro, acciaio, zinco e persino silicio e alluminio. Secondo Antonietta Gatti, fisico e bioingegnere si tratta di “un bambino ai suoi primi mesi vita” e quindi “la causa è da ricercare nell’esposizione della madre durante la gravidanza”.
A cura di Redazione
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Tromba d'aria su Taranto centra l'Ilva

Lorenzo Zaratta è morto a solo cinque anni il 30 luglio 2014, a causa di un tumore al cervello, dopo essersi sottoposto a venticinque operazioni e dolorosi cicli di chemioterapia. A uccidere il bambino, ne era certo il padre, Mauro, erano stati i fumi dell'Ilva. "Nessuno è in grado di dimostrare il nesso di causalità tra il tumore di Lorenzo e i fumi dell’Ilva, ma la mia famiglia lavorava lì e i miei nonni, mia mamma sono morti di tumore. Mio suocero anche era all’Ilva e mia moglie, durante la gravidanza, lavorava nel quartiere Tamburi", aveva detto nel 2012, sostenendo che "da quei camini" uscisse "gas in grado di modificare il dna e provocare errori genetici come quello di mio figlio".

Come riporta il FattoQuotidiano, i consulenti tecnici del legale difensore della famiglia Zaratta sostengono "che nel cervello di Lorenzo c’erano numerosi corpi estranei" tra cui ferro, acciaio, zinco e persino silicio e alluminio. Secondo Antonietta Gatti, fisico e bioingegnere che ha condotto numerose analisi sul caso, si tratta di "un bambino ai suoi primi mesi vita e quindi l’esposizione a inquinamento ambientale è quasi pari a zero" e pertanto "la causa è da ricercare nell’esposizione della madre durante la gravidanza". Gravidanza che la mamma di Lorenzo ha trascorso lavorando a poca distanza dall'Ilva. E questa è la spiegazione che gli scienziati hanno consegnato alla famiglia dal bambino, contenuta in una relazione scritta:

"La possibile spiegazione della presenza di polveri d’acciaio è legata al fatto che, all’epoca della gravidanza, la madre viveva a Taranto e lavorava in una zona notoriamente soggetta a inquinamento di polveri da acciaieria e di numerose altre polveri come quelle di magnesio e di zinco” che risultano “compatibili con la stessa provenienza".

Altri parenti di Lorenzo erano morti di tumore, e il nonno materno lavorava proprio all'Ilva. "Solo vivere e lavorare nel quartiere Tamburi di Taranto ha conferito, alla nascita, un rischio aumentato di sviluppare cancro, e in particolare cancro al cervello", sostengono i consulenti della difesa Maria Grazia Andreassi dell’Unità di epidemiologia molecolare e genetica dell’istituto di fisiologia clinica del Cnr di Pisa e Emilio Luca Antonio Gianicolo dell’Unità epidemiologia e statistica dell’istituto di Fisiologia Clinica del Cnr di Lecce. Adesso, depositate dai legali della famiglia le relazioni in procura, la magistratura dovrà accertare il nesso di causalità.

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