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Libano, bufera sui militari Unifil: “Vendita illegale di alimenti per le truppe Onu”

I caschi blu implicati in un traffico di spaghetti e gamberetti destinati alle truppe Onu in Libano. Secondo il quotidiano spagnolo El País, ad essere maggiormente coinvolti nella rivendita illegale sono i contingenti del Ghana e l’Italia. Avviate due inchieste per arrivare alla verità sul giro d’affari da 4 milioni di euro in cinque anni.
A cura di Mirko Bellis
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Pacchetto di spaghetti destinato ai militari Onu in Libano in vendita in un supermercato vicino Beirut
Pacchetto di spaghetti destinato ai militari Onu in Libano in vendita in un supermercato vicino Beirut

I caschi blu dell'Unifil – la missione delle Nazioni Unite per il Libano – sono al centro di un traffico di prodotti alimentari. A scriverlo è il quotidiano spagnolo El País che, nella sua edizione online, racconta di un giro d’affari illegale degli alimenti destinati esclusivamente alle truppe del contingente Onu. Alcuni prodotti venivano venduti negli scaffali dei supermercati locali e sono in corso due inchieste, da parte del ministero dell'economia libanese e delle Nazione Unite, per capire come ci sono arrivati.

Sia il portavoce dell'Unifil, l’italiano Andrea Tenenti, sia il direttore generale del ministero libanese, Alia Abbas, contattati da El País hanno confermato che le inchieste sono in corso, senza fornire ulteriori dettagli per ragioni di riservatezza. "Unifil ha adottato tutte le misure appropriate in stretto coordinamento con la sede delle Nazioni Unite", si è limitato a rispondere con e-mail Tenenti.

L’inchiesta del quotidiano spagnolo parte dal racconto di tre lavoratori internazionali e di altre tre libanesi distaccati presso la sede della missione Onu. Secondo quanto affermano, nella rete illegale fanno parte commercianti libanesi così come i caschi blu addetti alla distribuzione degli alimenti ai dieci mila soldati presenti nel Paese mediorientale. La "gola profonda" intervistata dal El País – impiegato in un’impresa incaricata del somministro dei viveri alla truppa –  afferma che i profitti ottenuti dalla vendita illegale dei prodotti alimentari negli ultimi cinque anni supera i quattro milioni di euro.

Il giro d’affari degli alimenti destinati alla Missione Onu (di cui l’Italia è responsabile) sembra il classico segreto di Pulcinella. “E’ da decenni che il cibo dell'Unifil si vende nei supermercati libanesi” ha affermato a El País un abitante di Tiro, città del sud del Libano a venti chilometri dal quartier generale dell’Onu. “Ai prodotti non viene neanche tolta l’etichetta” ha aggiunto. Sono molti gli alimenti venduti: dagli spaghetti ai gamberetti congelati con la scritta “Non destinato alla vendita. Solo per il consumo interno dell'Onu" . E secondo i bilanci della missione delle Nazioni Unite, la spesa per i gamberi destinati ai caschi blu supera il mezzo milione di euro all'anno. “Dopo le proteste dei consumatori i prodotti sono stati ritirati dal commercio”, ha affermato Sandy Isa, da cui è partita la denuncia, attraverso la pagina web Al Taharri, che ha portato alla scoperta della frode. La società Es-Ko (con sede nel Principato di Monaco e di cui è presidente l'italiano Franco Zanotti) dal 2006 al 2015 ha ottenuto svariati contratti milionari per l’acquisto e la distribuzione degli alimenti destinati alle truppe Unifil. La Es-Ko, che opera in Libano attraverso un’impresa locale, è anche la responsabile del trasporto degli alimenti dal magazzino centrale ai 21 punti di distribuzione da cui poi si riforniscono i contingenti della missione Onu. Alcuni dei lavoratori implicati nella trama – prosegue l’articolo – sono stati licenziati o trasferiti quando la frode è venuta a galla.

Un sistema radicato

Le testimonianze di sei lavoratori con una vasta esperienza nella missione hanno detto che è il sistema era ben collaudato. I soldati incaricati di ricevere cibo a ogni punto di distribuzione cambiano ogni quattro-sei mesi: una rotazione che comporterebbe quindi l’implicazione di un minimo di 50 caschi blu tra il 2010 e il 2015. E anche le Nazioni Unite avevano cominciato a capire che qualcosa non andava se, come riportato da una rivelazione di Wikileaks, già nel 2007 un’indagine interna aveva portato alla scoperta di perdite stimate in 1,35 milioni di euro legate alla rivendita illegale delle provviste ai commercianti libanesi. Un business che consentiva agli autisti incaricati del trasporto degli alimenti di raddoppiare e in alcuni casi anche triplicare lo stipendio mensile di 870 euro. I commercianti libanesi, invece, potevano ottenere un un prodotto di alta qualità esente da imposte alla metà del loro prezzo reale. Finora – conclude l’inchiesta del El País – non è emerso che nessun soldato sia stato punito e la Es-Ko continua a lavorare nella distribuzione alimentare in qualità di partner della ditta kuwaitiana KGL, responsabile della fornitura di cibo per Unifil dal 2014.

UPDATE – In merito ad alcune notizie di stampa che ipotizzano il coinvolgimento del contingente italiano in Libano, nell'ambito di presunti illeciti connessi alla fornitura di alimenti alla missione, lo Stato Maggiore della Difesa precisa che, "sentito il Comando delle Nazioni Unite in Libano, le indagini sono in corso ed al momento il personale del contingente militare italiano risulta estraneo a tale vicenda".

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