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Opinioni

Lettera alle vittime di bullismo

Sono le testimonianze di chi ha subito il bullismo e ne è uscito. Perché non si è soli, mai. Anche quando sembra che non ci sia un’alternativa, o una speranza, la speranza c’è. Anche quando ti sputano nell’astuccio, ti chiamano grassa, ti spingono contro il muro e ridono se cadi. Dal bullismo si può uscire.
A cura di Saverio Tommasi
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Se c'è un motivo per cui scrivo, per cui faccio video, per cui mi alzo un po' prima del mio orario di lavoro, e smetto un bel po' dopo, è perché il mio lavoro mi permette di parlare con le persone. I più giovani, soprattutto. Assistere alla loro gioia nel provarci, la voce che trema, le prime libertà, gli importanti insuccessi, i successi abbastanza importanti.

Facciamo un passo indietro. Ho scritto un pezzo, qualche giorno fa, raccontando gli ultimi momenti di Brandy Vela.
Bullizzata per anni, Brandy si era sparata in camera da letto, di fronte ai genitori che la supplicavano di non farlo. A scuola le avevano detto che era grassa. Glielo avevano ripetuto per anni: grassa grassa grassa. Poi le avevano rubato delle foto. E lei, un giorno, aveva messo il silenziatore a una realtà che non riusciva più a sopportare.

Sotto al mio pezzo sono arrivati uno, due, dieci, centinaia di commenti. Insieme a qualche bullo, che si riconosceva dalla sintassi e dai concetti ("dai, pubblica la foto del suo culo e vediamo se era davvero grassa"), sono arrivate decine di testimonianze di ragazze e ragazzi, alcuni molto cresciuti, che raccontavano le angherie subite. Se la scrittura ha un senso, per me il senso è questo: raccontare le storie, e ascoltare quelle degli altri. Perché il senso finale si chiama intreccio, ed è il motivo per cui odio il razzismo, perché il razzismo evita gli intrecci. E senza intrecci si muore o non si vive abbastanza.

Rifacciamo un passo avanti. Il motivo principale per cui scrivo, e faccio video, sono le ragazze e i ragazzi. Per loro ho deciso di raccogliere alcuni stralci delle testimonianze che ho ricevuto e scrivere questo articolo. Per dire chiaramente che non si è soli, mai. Anche quando sembra che non ci sia un'alternativa, una speranza, invece la speranza c'è; e un'altra via, migliore, esiste. Anche quando il mondo crolla addosso non si è soli, perché qualcuno che ci pensa, anche lontano, c'è. Se qualcuno vi ha detto che non c'è, mentiva. Qualcuno che si conosce, o che qualche volta non si conosce ma che come noi condivide un granello della nostra storia, c'è. Ragazze e ragazzi, non siete soli, non pensatelo mai.

Lisa ripensa "allo schifo di periodo che ho passato da ragazzina. Quelle parole continuano a risuonarti in testa. Mi chiudevo in bagno durante la merenda e non parlavo con nessuno".

Ila: "Care ragazze vi capisco. Ho passato i primi due anni di superiori a parlare solo con il mio cane. In classe fui subito presa di mira, forse perché timida, forse perché con gli occhiali. I ragazzi mi insultavano e mi sputavano addosso quando passavo in corridoio. Nessuno voleva starmi vicino o fare amicizia con me e chi lo faceva veniva bullizzato di conseguenza. Bevevo da sola in cucina, di notte, di giorno, gin e vodka. Mi anestetizzavo. Sniffavo benzina. A 14 anni. Ho cicatrici nell'anima che mi accompagnano OGNI SINGOLO GIORNO in ogni parola che dico ed ogni gesto che faccio. Il bullismo uccide, sempre e comunque. Ti devasta. Ti ruba amore per te stesso e ti segna a vita".

Silvia: "Care ragazze, ho subito bullismo. Cercate persone umane e chiedete aiuto a loro".

Carlotta: "Sono grassa da tutta la vita ed è da tutta la vita che qualcuno mi denigra, mi guarda storto o ride alle mie spalle per via del mio peso".

Sara: "Mi spingevano contro il muro, mi sono ritrovata un braccio incastrato tra banco e sedia solo per il gusto di farmi male, oppure quella volta quando mi hanno fatto lo sgambetto e una volta caduta ridevano del fatto che avessi fatto un bel tonfo e di come non avessi stranamente sfondato il pavimento. Dalla fine della scuola le cose sono ampiamente migliorate, ma a volte quasi dimentico i progressi fatti, mi guardo allo specchio e mi ritrovo a voler essere fatta di creta per tagliarmi via qualche pezzo qua e là".

Jessica: "Ho passato il periodo più orribile alle medie e alle superiori".

Gaia: "Alle medie aprivo l'astuccio e trovavo la bava degli sputi dentro mentre cercavo la penna, la gomma da masticare attaccata dietro nei capelli. Tutti firmati e io con le scarpe con il plantare".

Rosario: "Mi chiamavano barile, barilotto, pasta Barilla"

Alessia: "Mi sono trovata diverse volte a guardare mio figlio piangere perché non era accettato dal gruppo. Perché era cicciotto. Gli ho sempre insegnato che sono le differenze a renderci unici. E lui una volta mi ha resa enormemente FIERA di lui quando in seconda elementare prese le difese di una bambina che era, come lui, cicciotta. La prendevano in giro perché era grassa e lei piangeva. E lui ha detto loro che non dovevano dirle che era grassa, perché era una bambina meravigliosa, simpatica, dolce e intelligente. E che non le avrebbero voluto più bene se fosse stata magra. Li ha messi tutti a zittire. Adesso ha 17 anni, negli ultimi due anni o poco più è sbocciato".

Paolo: "Ricordo un episodio di quando ero piccolo, ero con i miei nonni, ero a casa in campagna e mi divertivo a dar da mangiare ai polli. Correvano e si ammassavano intorno al pappone di pane e al granturco, e in un angolo vedevo un gruppetto che beccava un povero pollastro che sembrava ferito. I miei nonni mi dissero che per i polli e le galline era un comportamento normale, e lo avrebbero fatto fino a ucciderlo. Lo presi e lo consegnai alla mia nonna sottraendolo al linciaggio. Cosa c'entra questa storia? Credo che noi dovremmo essere migliori dei polli".

Cari ragazzi, care ragazze. Tutte queste persone ce l'hanno fatta, sono uscite da una spirale la cui uscita sembrava indicata dalla parola "infinito", e invece ce l'hanno fatta. Qualcuna di queste persone, vent'anni dopo, soffre ancora. Qualcuna ha ancora attacchi di panico, ma tutte ne sono comunque uscite. E tutte, più o meno, oggi sono felici.
Non siete soli, ragazzi e ragazze che oggi state subendo bullismo. Parlatene con un adulto, con due o tre o dieci adulti. E ricordate che se vi bullizzano la colpa non è mai vostra. MAI.

Vorrei concludere con le parole che mi ha suggerito una lettrice. Sono le parole di Elie Wiesel: "Prendi posizione. La neutralità favorisce sempre l'oppressore, non la vittima. Il silenzio incoraggia sempre il torturatore, non il torturato". Queste parole valgono per chi vede e vorrebbe scegliere la via del silenzio, o prediligere l'azione del girare la faccia dall'altra parte. Non fatelo. Prendete sempre posizione. Voi che oggi vi troverete accanto a una persona che subisce, non voltatevi.

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Sono giornalista e video reporter. Realizzo reportage e documentari in forma breve, in Italia e all'estero. Scrivo libri, quando capita. Il più recente è "Siate ribelli. Praticate gentilezza". Ho sposato Fanpage.it, ed è un matrimonio felice. Racconto storie di umanità varia, mi piace incrociare le fragilità umane, senza pietismo e ribaltando il tavolo degli stereotipi. Per farlo uso le parole e le immagini. Mi nutro di video e respiro. Tutti i miei video li trovate sul canale Youmedia personale.
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