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Legge sulle intercettazioni, Lupi: “Non è bavaglio ma questione di civiltà”

L’ex ministro ha difeso il provvedimento che vieta la pubblicazione di intercettazioni “rubate”.
A cura di Davide Falcioni
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Dopo l'approvazione in commissione giustizia della Camera dei Deputati della legge che introduce il carcere per coloro che pubblicano intercettazioni "rubate" esplode la polemica tra i diversi schieramenti. Se il Ministro della Giustizia si è detto perplesso Alessandro pagano, deputato di area popolare e membro della commissione, rassicura: "Ribadiamo che non c'è alcuna norma ‘ammazza-iene', lo abbiamo spiegato ieri in tutte le salse. L'emendamento in questione è stato depositato mesi fa, quindi non si tratta di alcun blitz, è stato discusso e ha avuto l'ok della maggioranza. E, come già detto ieri, personalmente sono pronto a miglioramenti condivisi del testo in aula, ovviamente anche per la parte relativa alle sanzioni, per fugare qualsiasi dubbio sul fatto che non c'è alcun ‘bavaglio alla stampa'. A questo punto è importante che sia il ministro Orlando a chiarire meglio le sue perplessità".

Anche l'ex ministro Lupi, capogruppo di AP a Montecitorio, dichiara: "In questo Paese c'è sempre un allarme democrazia, censura, bavaglio… anche di fronte alle cose più ovvie e di buon senso. L'emendamento di Area popolare sulle intercettazioni illegali è una norma di pura civiltà giuridica che dice semplicemente che un privato cittadino non può registrare colloqui la cui riservatezza è sancita e protetta dalla Costituzione (la più bella del mondo o no?) e diffonderli. Non si tocca né l'uso delle intercettazioni come strumento investigativo né la diffusione di quelle lecite. Si può discutere delle sanzioni commisurate a questo reato, non del fatto che sia reato. Cosa, peraltro, sulla quale conveniva tutta la maggioranza".

Il provvedimento, che approderà in aula lunedì, tra le altre cose prevede da 6 mesi fino a 4 anni per la pubblicazione di conversazioni inerenti persone estranee irrilevanti ai fini delle indagini. Dopo l'ok della commissione Giustizia i parlamentari del Movimento 5 Stelle sono insorti, così come quelli di Sel "sulle intercettazioni non si scherza, soprattutto di questi tempi".

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