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Legge di Stabilità: manovra a deficit, sulle coperture resta l’incognita

Renzi preannuncia una manovra da 27 miliardi di euro e promette un calo “sistematico” delle imposte. Ma al momento la manovra si basa in gran parte su un maggior deficit (da concordare con Bruxelles), mentre mancano almeno 6 miliardi di coperture. Altri 16,8 miliardi di maggiori imposte (Iva e accise) legate alle clausole di garanzia sono rinviati al 2017…
A cura di Luca Spoldi
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Se il buon giorno si vede dal mattino, la Legge di Stabilità che il governo proporrà al Parlamento e alla Commissione Ue avrà vita a dir poco problematica. Stiamo ai numeri, o almeno a quei pochi che per il momento il governo ha annunciato. Matteo Renzi prima annuncia: in una manovra da “poco meno di 27 miliardi” le tasse “non solo non aumentano ma vanno giù in modo sistematico”, poi però non spiega dove saranno trovate le coperture per tale “sistematica” riduzione che in verità tanto sistematica non pare, visto che di tagli alla spesa ne vengono annunciati per 5 miliardi contro i 10 finora ipotizzati (perché si è evitato di metter mano alle “tax expenditure”, ossia alla selva di agevolazioni fiscali), mentre per 13 miliardi di euro si confida in un aumento (sic!) del deficit/Pil, sempre ammesso e non concesso che la Commissione Ue aderisca alla richiesta di riportare il rapporto al 2,4% e non al 2,2% previsto.

Per ora dunque sembra una manovra a deficit e con coperture ancora tutte da inventare (o quanto meno precisare), dunque e non sembra un inizio incoraggiante. Tra l’altro tra i pochi dettagli forniti, si stima che la “voluntary disclosure” (che è una procedura di sanatoria fiscale, non certo una riduzione d’imposte), prorogata fino a fine anno, faccia incassare altri 2 miliardi oltre agli 1,4 miliardi già messi a bilancio per il 2015. Dai giochi verrà un altro miliardo (ma anche in questo caso non è esattamente una riduzione di imposte), ma a questo punto facendo una semplice operazione aritmetica (5 miliardi di tagli, 13 miliardi di incremento di deficit, 2 miliardi di voluntary disclosure, 1 miliardo dalle imposte sui giochi fa in totale 21 miliardi) si scopre che per arrivare ai ventilati “poco meno di 27 miliardi” mancano all’appello 6 miliardi di entrate (o tagli).

Silenzio per ora sulla “digital tax” che sarebbe in verità un recupero di imposta (il che di nuovo non somiglia ad una riduzione), come pure sulle famigerate “clausole di salvaguardia” (relative al raggiungimento del pareggio di bilancio imposta dal Fiscal Compact sottoscritto dall’Italia a suo tempo) spostate ancora una volta in avanti, ma solo per un anno, e che valgono da sole 16,8 miliardi di maggiori imposte tra incremento dell’Iva e delle accise. Prima o poi arriveranno, salvo strepitosi incrementi del prodotto interno lordo che generino spontaneamente un analogo incremento delle entrate fiscali, ma per ora la consegna è di non disturbare il conducente, l’anno prossimo si vedrà. Una riduzione, improvvida, di tassazione è legata alla cancellazione dell’Imu dalla prima casa, di cui secondo alcuni calcoli beneficeranno soprattutto, a livello assoluto, i proprietari di castelli che hanno deciso di intestare la propria residenza presso gli stessi e che potrebbero pagare fino a 1.800 euro in meno l’anno (gli inquilini in affitto in alloggi, magari in zone semiperiferiche, se lo sogneranno la notte, immaginino).

Questa “sistematica riduzione” di imposte costa per ora al bilancio dello stato 5 miliardi di euro l’anno e si somma ai 10 miliardi di costo del “bonus Irpef” per i soli lavoratori dipendenti. A naso sono 15 miliardi che potrebbero essere utilizzati (eliminando il bonus e non toccando l’Imu) per evitare di far scattare l’anno venturo le famigerate “clausole di garanzia” (che a differenza di bonus Irpef e Imu non toccano solo una parte dei contribuenti ma la totalità degli stessi), o per rendere più equa la tassazione dei redditi, ma evidentemente mi sfugge qualcosa, oltre al senso di “non anticipare” il taglio dell’Ires per 3,5 miliardi dal 2017 al 2016, o forse il senso è fin troppo chiaro: non ci sono risorse per tutti e dunque le poche (e incerte) risorse è meglio urilizzarle per misure “politicamente” più spendibili, che siano più o meno utili alla ripresa o più o meno eque resta cosa ben diversa ma, letteralmente, questo passa il governo ed è meglio farsene una ragione.

Siccome il diavolo fa le pentole ma non i coperchi, tra le altre cose è stato spiegato che in realtà il taglio dell’Ires e “ulteriori interventi sull’edilizia scolastica” potranno essere inseriti in un secondo momento se l’Unione europea (sempre lei!) concederà di finanziare a deficit la manovra di cui sopra; in caso contrario, suppongo, Renzi potrà sempre indignarsi contro gli ottusi burocrati europei che tarpano le ali alla ripresa italiana. Tra le altre misure di contorno, molto “pop”, anche la “riduzione” del canone Rai (che da anni è tassa di possesso di apparecchi radiotelevisivi e personal computer, quindi meglio sarebbe cambiarne il nome) a “soli” 100 euro l’anno (95 dal 2017) grazie al “recupero d’evasione” legato all’inserimento di questa voce nella bolletta elettrica. Bollette su cui già gravano non poche voci non legate al prezzo dell’energia e che quindi aumenterà per tutti coloro che usano l’elettricità, che possiedano o meno radio, televisioni o computer (si tratta in effetti di un incremento di imposte, ma vogliamo mica sottilizzare?). La sensazione che emerge alla fine di questa primo “assaggio” di manovra è che di riduzione di imposte non ne vedremo molte in molti e che molte voci di spesa e molte coperture sono destinate a essere riscritte da capo di qui a fine anno: che sia il bello della diretta, come avrebbe detto Pippo Baudo?

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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