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Le quote rosa in politica? Un mezzo flop

A febbraio 2016 è stata approvata una legge per la “promozione delle pari opportunità tra donne e uomini nell’accesso alle cariche elettive”. Quote rosa in politica, in poche parole. Era necessaria? Open Polis ha provato a dare una risposta analizzando la situazione attualmente esistente nei Consigli regionali italiani.
A cura di Charlotte Matteini
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Consiglio Regionale Friuli Venezia Giulia

È una ricerca di OpenPolis a consentirci di tornare sulla questione delle quote rosa nella politica. Come noto, nel febbraio 2016, è stata approvata la legge per garantire la rappresentanza di genere nei consiglio regionali, ispirata al principio della "promozione delle pari opportunità tra donne e uomini nell'accesso alle cariche elettive".

Nel testo si dispone che:

  1. qualora la legge elettorale preveda l'espressione di preferenze, in ciascuna lista i candidati siano presenti in modo tale che quelli dello stesso sesso non eccedano il 60 per cento del totale e sia consentita l'espressione di almeno due preferenze, di cui una riservata a un candidato di sesso diverso, pena l'annullamento delle preferenze successive alla prima;
  2. qualora siano previste liste senza espressione di preferenze, la legge elettorale disponga l'alternanza tra candidati di sesso diverso, in modo tale che i candidati di un sesso non eccedano il 60 per cento del totale;
  3. qualora siano previsti collegi uninominali, la legge elettorale disponga l'equilibrio tra candidature presentate col medesimo simbolo in modo tale che i candidati di un sesso non eccedano il 60 per cento del totale».

La legge recente è andata solamente a integrare e ridefinire un impianto legislativo già esistente e che mirava a risolvere il problema della scarsa partecipazione delle donne alle competizioni elettorali. Andando ad analizzare la composizione dei Consigli regionali italiani, però, ci si accorge di come la situazione non sia esattamente così bilanciata. Secondo quanto evidenziato da una ricerca di Open Polis, dunque, su 21 regioni solo due sono governate da donne, Debora Serracchiani in Friuli Venezia Giulia e Catiuscia Marini in Umbria.

In realtà è la composizione di alcuni Consigli regionali a destare qualche dubbio: quattro sono le giunte paritarie al 50% (Toscana, Emilia Romagna, Marche e Friuli Venezia Giulia). A recitare la parte della "mosca bianca" è la giunta De Luca in Campania, dove addirittura la presenza di donne è superiore rispetto a quella maschile. In totale, però, l’82% dei 917 consiglieri regionali è di sesso maschile. Nessuna donna figura nel Consiglio molisano, per esempio. "La presenza maschile supera addirittura il 90% in Puglia (8% di donne), Sardegna (7%), Abruzzo (6%), Calabria (3%). Maglia nera per il Consiglio regionale della Basilicata: 0 donne su 21 seggi" mentre "al di sopra del 25% ci sono l’Alto Adige (29%), la Toscana (27%) e il Piemonte (25%). Considerando unito il Trentino Alto Adige, in 17 Consigli regionali su 20 seggi gli uomini ne occupano oltre il 75%", osserva Open Polis.

Quote rosa Regioni italiane
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