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Le parole di Renzi sul Ponte sono un regalo per Salini-Impregilo, che vola in Borsa

Grazie alla parole del premier (poi semi smentite) sul ponte di Messina l’azienda Salini-Impregilo fa un balzo in borsa. Eppure la santificazione delle aziende italiane avrebbe bisogno di cautela. Soprattutto da parte del premier.
A cura di Giulio Cavalli
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Non c'è solo la promessa (poi ammorbidita) del ponte di Sicilia nella visita di Matteo Renzi all'assemblea del gruppo Salini-Impregilo per festeggiaLe pare i 110 anni di attività: un Presidente del Consiglio ha precise responsabilità politiche, sociali e economiche e ha l'obbligo di avere cura anche nell'usare le parole che, nel mercato, diventano poi movimenti finanziari. L'affettuosa disponibilità di Matteo Renzi con Pietro Salini (l'amministratore delegato) ha fatto registrare nella giornata di ieri una crescita della quotazione in borsa del gruppo del 6,59% in una sessione in cui l'indice Mia (quindi la linea "generale" delle contrattazioni) si è fermato a un +0,54%. Un dato netto.

Del resto le parole del premier non sono arrivate a caso o "scappate" come qualcuno ci vorrebbe far credere: pochi giorni fa lo stesso Salini, attraverso il Corriere della Sera, aveva dichiarato a proposito del ponte di Messina «noi siamo pronti. Bastano sei anni. Certo non dipende da noi.» Il 4 agosto il ministro alle infrastrutture Graziano Delrio, ospite della trasmissione Agorà, aveva detto: «Il ponte sullo Stretto discusso come fatto isolato è inutile, visto invece come parte del corridoio di collegamento tra Nord Europa e sud ha un senso, a patto che venga fatto con le caratteristiche giuste. Sono favorevole a completare il corridoio europeo, l’Italia ha bisogno di collegare la rete anche sotto Salerno, perché la situazione è drammatica. Se mancano le infrastrutture manca lo sviluppo. Il Ponte fa parte dell’impegno che l’Italia ha preso in merito al corridoio Napoli-Palermo».

Sul tavolo, del resto, resta anche la pesante penale dovuta al consorzio Eurolink (di cui Impregilo fa parte) dopo la decisione del governo Monti di rinunciare all'opera: parliamo di 790 milioni di euro più interessi e rivalutazione (a cui per onestà andrebbero aggiunti anche i 383 milioni già spesi per la progettazione e il mantenimento trentennale della "Stretto di Messina spa"). Ma anche sulla penale lo stesso Salini aveva già parlato per lasciare intendere a chi ha orecchie per intendere: «Siamo disponibili a rinunciare alle penali e a ricominciare. – ha detto l'ad di Impregilo – Vogliamo lavorare, non incassare penali per cose di cui il Paese ha grande necessità. Il Ponte non è né di destra né di sinistra. Serve ai siciliani e agli italiani»

Ma non basta: la santificazione di Impregilo (che, teniamone conto, ha anche dei concorrenti italiani) dovrebbe tenere conto anche della storia di un'azienda che ha ombre che andrebbero raccontate. I Salini sono gli stessi che si sono accollati un'azienda in perdita (200 milioni di euro circa, la Todini costruzione dell'ex europarlamentare di Forza Italia Luisa Todini) molto cara a Silvio Berlusconi e Gianni Letta; il padre dell'attuale amministratore delegato (il vecchio Simonpietro) risulta iscritto alla loggia massonica P2 di Licio Gelli; la Salini è la stessa azienda denunciata da Survival (il movimento mondiale per i diritti dei popoli indigeni) per la costruzione della diga Gibe III in Etiopia. Proprio su quella diga forse conviene rileggere le parole del direttore generale di Survival International Stephen Corry: «Salini ha ignorato evidenze schiaccianti, ha fatto false promesse e ha calpestato i diritti di centinaia di migliaia di persone. A migliaia ora rischiano di morire di fame perché la più grande e famosa impresa costruttrice italiana non ha pensato che i diritti umani meritassero il suo tempo e la sua attenzione. Le conseguenze reali della devastante concezione che il governo etiope ha dello ‘sviluppo’ del paese – vergognosamente sostenuta dalle agenzie per lo sviluppo di nazioni occidentali tra cui Italia, Gran Bretagna e Stati Uniti – sono sotto gli occhi di tutti. Derubare della loro terra popoli largamente autosufficienti e causare ingenti devastazioni ambientali non è ‘progresso’: per i popoli indigeni è una sentenza di morte». In ultimo, come già detto, Salini ha intentato una causa civile allo Stato italiano.

Ecco perché servirebbe cautela: come diceva quel famoso film "le parole sono importanti" e le parole di un Presidente del Consiglio lo sono ancora di più. Al di là delle legittime decisioni politiche c'è una cautela istituzionale, un'eleganza dovuta dal ruolo e, se possibile, un titolo da non fare rimbalzare in borsa.

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Autore, attore, scrittore, politicamente attivo. Racconto storie, sul palcoscenico, su carte e su schermo e cerco di tenere allenato il muscolo della curiosità. Collaboro dal 2013 con Fanpage.it, curando le rubriche "Le uova nel paniere" e "L'eroe del giorno" e realizzando il format video "RadioMafiopoli". Quando alcuni mafiosi mi hanno dato dello “scassaminchia” ho deciso di aggiungerlo alle referenze.
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