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Le missioni militari nel 2013 ci costeranno oltre un miliardo di euro

Già stanziati, a schiacciante maggioranza, oltre 935 milioni di euro (fino a settembre) per la proroga delle missioni internazionali dell’esercito e delle forze di polizia. Nel conteggio ancora escluso il supporto alla guerra francese in Mali.
A cura di Davide Falcioni
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Afghanistan - nuovo sequestro di armi ed esplosivo nella lotta al traffico di droga

Nel silenzio pressoché generale, due giorni fa la Camera dei Deputati ha approvato a grande maggioranza la proroga delle missioni internazionali delle forze armate e di polizia: a votare favorevolmente sono stati 384 deputati, mentre solo 24 si sono opposti e 13 astenuti. Il nostro Paese offrirà dunque ancora una volta una robusta copertura finanziaria alle operazioni "di pace": per l'esattezza fino al 30 settembre sono stati stanziati 935.471.703 euro, ai quali bisognerà prevedibilmente aggiungere la copertura da ottobre a dicembre altre centinaia di milioni di euro. Dal calcolo, inoltre, è al momento escluso il "supporto" che daremo alla guerra francese in Mali, confermato ieri dal ministro degli esteri Terzi. Con ogni probabilità sforeremo il tetto del miliardo e 200 milioni di euro, che è stata la cifra stanziata nel 2012. Ovviamente dal calcolo sono escluse anche le spese per gli armamenti: ad esempio i quasi 16 miliardi per i Caccia F-35, che oggi il PD dice di voler ridurre ma dei quali ha votato l'acquisto pochi mesi fa.

Ma i documenti ufficiali della Camera dei Deputati ci permettono di entrare nel merito e "scorporare" il finanziamento totale. E scoprire, ad esempio, il costo della nostra presenza in Afghanistan: fino al 30 settembre sarà di 426.617.379 euro. Per il Libano, invece, spenderemo 118.540.833 euro. Naturalmente non poteva mancare il supporto in Kosovo, di 52.496.423 euro. E fin qui, si trattava di operazioni militari di cui la maggior parte dei cittadini conosceva l'esistenza.

In realtà, però, l'esercito italiano è impegnato su moltissimi fronti e per ognuno è stato previsto un capitolo di spesa. Si scopre così, documenti alla mano, che impiegheremo 223.505 euro per la missione Althea in Bosnia-Erzegovina, ed altri 14.191.716 euro per la "Active Endeavour" (tradotto: "Sforzo attivo") nel Mediterraneo. Ma siamo ancora solo all'inizio: un piccolo contingente italiano si trova anche a Hebron (territori palestinesi), costa 846.666 euro e i ben informati giurano che "bevono caffè tutto il giorno e scrivono report sulle violazioni dei coloni che nessuno mai leggerà". Sempre per rimanere in Medio Oriente, altri 90.655 euro servono alla vigilanza del valico di Rafah: a quanti uomini ammonta questa partecipazione? Uno. Che senso ha?

La presenza militare in Sudan , in seno al contingente Onu, costa 194.206 euro, in Cipro 198.698 euro, in Albania 179.319 euro. Lo scorso marzo il ministro Di Paola ha dato il via libera alla missione "anti pirateria" Atalanta, che prevede la caccia ai presunti pirati sulla terraferma, in Somalia: ebbene, il suo costo è di 33.952.376 euro. E chi sapeva che il nostro personale militare si trova anche negli Emirati Arabi, in Bahrain, in Quatar e a Tampa, per "esigenze connesse con le missioni in Afghanistan" (così recita il dispositivo di legge): lì la spesa è di 15.418.251 euro.

Ma la lista è ancora lunga: per "la proroga della partecipazione di personale militare alle missioni dell’Unione europea denominate EUTM Somalia e EUCAP Nestor, nonché alle ulteriori iniziative dell’Unione europea per la Regional maritime capacity building nel Corno d’Africa e nell’Oceano indiano occidentale" spenderemo 6.928.064 euro. E come dimenticare la "nuova" Libia? Ebbene, per attivistà di formazione e assistenza militare spenderemo 7.584.517 euro. Qualcuno dei "nostri" è di stanza persino in Georgia, al costo di 285.282 euro, mentre in Sud Sudan il costo è di 128.026. Siamo presenti anche in Niger, per conto di una missione dell'Unione Europea denominata Eucap, che costa 1.900.524 euro.

Un capitolo a parte meritano gli investimenti "per la stipulazione dei contratti di assicurazione e di trasporto di durata annuale e per la realizzazione di infrastrutture, relativi alle missioni internazionali", dell'entità di 143.749.492 euro. E ovviamente, mentre da una parte partecipiamo a vere e proprie guerre che impoveriscono le popolazioni locali (ad esempio in Afghanistan, dove dati alla mano la situazione peggiora di anno in anno), dall'altra dobbiamo "sopperire a esigenze di prima necessità" per un valore complessivo di 6.559.400 euro, da spartire tra Afghanistan, Libano, Kosovo e Corno d'Africa.

Ma ovviamente non è tutto: la lista è ancora lunga e comprende le operazioni di polizia (ad esempio 4.330.771 euro in Albania), quelle della guardia di finanza (altri 4 milioni in Libia) e quelle di cooperazione civile, alla quale comunque sono destinati gli spiccioli. A tutto ciò si aggiunga la fornitura di armamenti. Nell'ultimo decreto, votato l'altro ieri, regaliamo 3 veicoli blindati leggeri e 10 carri armati alla Repubblica del Gibuti e 500 veicoli M113 al Pakistan. Altri 10 milioni di euro netti vanno all'Aise (ex Sismi), servizio segreto.

L'ammontare complessivo, alla fine del 2013, sarà di oltre un miliardo di euro. La fetta più grande è data dalla presenza in Afghanistan, dalla quale dovremmo ritirarci nel 2014 ma al quale, anche per gli anni a venire, garantiremo un supporto militare importante. L'unico ad essersi opposto a queste spese militari è stato l'onorevole Barbato, che ha presentato un emendamento che propone di "prevedere il graduale disimpegno internazionale dell'Italia da tutte le missioni che la vedono impegnata e contestualmente ad alimentare, con il risparmio che ne deriverebbe, il Fondo per la riduzione strutturale della pressione fiscale".

L'emendamento è stato respinto a grande maggioranza.

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