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“Le dieci grandi città italiane a rischio default”

E’ l’allarme lanciato da La Stampa. “Maglie nere” sono Napoli e Palermo, ma anche il Centro-Nord non se la passa bene con alcune amministrazioni già costrette a gettare la spugna. Ecco perché il Governo starebbe già lavorando su un “piano blocca dissesti”.
A cura di Redazione
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Palermo non è la sola città italiana sull'orlo del baratro. Ci sono almeno altre 9 grandi città italiane, con più di 150mila abitanti, che rischiano il fallimento. E’ quanto scrive il quotidiano la Stampa che fa i “conti” in tasca alle varie amministrazioni alla luce dei tagli previsti dalla spending review. "Maglie nere" di questa speciale classifica sono Napoli e, appunto, il capoluogo siciliano. Subito dopo c’è Reggio Calabria. Tutte «potrebbero essere costrette a chiedere il dissesto, ossia lo scioglimento del consiglio, l’entrata in campo della Corte dei Conti e il commissario prefettizio» scrive nell'articolo Paolo Baroni, spiegano che la situazione degli enti italiani è seria. In particolare, a far disperare i vari De Magistris e Orlando, ma anche Pisapia a Milano e Alemanno a Roma, è quello che La Stampa definisce “il colpo di grazia”:

è una norma inserita nel decreto sulla spending review che nelle pieghe delle nuove regole che impongono l’«armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio» impone di svalutare del 25% i residui attivi accumulati sino ad oggi. Si tratta di entrate contabilizzate ma non ancora incassate, come possono essere i proventi delle multe e le tassa sui rifiuti. Cifre importanti, che servono a «fare» il bilancio di un ente che spesso, per prassi, gonfia queste voci pur sapendo di non riuscire a poter incassare il 100% degli importi messi a bilancio.

Insomma, si tratta di cifre iscritte come entrate in bilancio, ma non ancora effettivamente riscosse dalla Regione. «Somme inesigibili» le ha definite qualche giorno fa  Ivan Lo Bello, vicepresidente di Confindustria, nel descrivere la situazione disperata in cui versa la Regione Sicilia. «Incassi spesso molto dubbi» insomma, che ora non possono più servire a far quadrare i conti.

Il pericolo fallimento per le amministrazioni comunali è cresciuto in maniera vertiginosa in breve tempo. Basti pensare al "boom" delle richieste di commissariamenti degli ultimi due anni: si è passati da 1-2 casi all’anno a circa 25, incluse anche comuni del Centro-Nord dove questo tipo di evenienze fino a ieri erano quasi sconosciute). Clamoroso è il caso di Alessandria, dove il sindaco solo poche settimane fa, ha gettato la spugna sotto il peso di 100 milioni di euro di passivo. Lo stesso dicasi per Novara che rischia di annegare in acque non meno dense di debiti. Anche per questo motivo, come scrive La Stampa, il Governo è consapevole del rischio cui vanno incontro i vari enti locali, tanto che Viminale, Ministero della Giustizia e Corte dei Conti starebbero già lavorando su un “piano blocca dissesti”. L’idea di fondo, spiega il quotidiano di Torino, sarebbe quella di rendere possibile per le amministrazioni in difficoltà una azione di risanamento evitando il dissesto, e attraverso vincoli e piani di rientro di durata pluriennale.

Ma dietro il rischio tracollo c'è anche il taglio dei trasferimenti imposto dal decreto sulla spending review: 500 milioni entro la fine del 2012 e 1 miliardo all’anno dal 2013. In tal senso, Il Sole 24 Ore oggi riporta un elenco delle spese dei Comuni che dovrebbero essere tagliate, ma «dall'analisi emerge un quadro fatto di differenze che, da un lato creerà difficoltà enormi nel momento in cui dovranno essere individuati i criteri per ripartire i tagli tra le amministrazioni; e dall'altro mette in evidenza l'esistenza di sprechi spesso non giustificabili sui costi sostenuti nelle città». Tra le tante incongruenze che vengono fuori, c'è quella relativa agli incarichi professionali: il Comune di Roma spende cinque volte tanto il Comune di Milano per le consulenze, Alemanno infatti deve far fronte ad una spesa di 2600 euro ogni 100 abitanti, contro i 465 euro ogni 100 abitanti di Pisapia. E le prestazioni accessorie valgono in maniera estremamente diversa nei vari comuni. Un esempio: tra Genova e Milano sono all’8/9% rispetto alla media nazionale del 12%, ma il valore a Catanzaro raddoppia con il 24%. Queste incongruenze sono un rischio per l'obiettivo di revisione della spesa, ma sicuramente mettono in luce l’esistenza di cifre non giustificabili che vogliono dire sprechi e cattiva gestione amministrativa.

RETTIFICA: Come ci segnala una nota dell'Avvocatura Civica del Comune di Novara, abbiamo erroneamente riportato che suddetto Comune "rischia di annegare in acque non meno dense di debiti". In realtà "detta asserzione non trova riscontro alcuno nei dati contabili, economici e finanziari dell'Amministrazione scrivente e si appalesa, pertanto, del tutto non veritiera. Sul punto, deve, al contrario, rivelarsi come l'Amministrazione scrivente, con la programmazione finanziaria 2012-14, in materia di entrate e spese, abbia posto in essere misure prudenziali e doverose".
Ce ne scusiamo con i diretti interessati e con i nostri lettori.

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