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Le cinque lettere d’amore più belle della letteratura, fra mito e vita privata

“Chiedetevi se il mio amore non sia crudele, poiché mi ha tolto la libertà”. Parole struggenti e sentimenti contrastanti: le lettere d’amore di poeti e scrittori affascinano perché parlano in un modo particolare, intimo ma allo stesso tempo consapevole, di un sentimento difficile come l’amore. Le donne di Ovidio, Goethe ma anche un inaspettato Italo Calvino: ecco cinque brevi frammenti delle loro lettere più belle.
A cura di Federica D'Alfonso
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Pensare a qualcuno vuol dire dimenticarlo e risvegliarsi spesso da questo oblio, diceva Freud. La lettera d'amore trasforma questo pensiero in parole, mette i sentimenti nero su bianco. Roland Barthes descriveva il discorso d'amore come un discorso di estrema solitudine, parlato da migliaia d'individui ma incapace di essere capito da nessuno. La letteratura ci ha lasciato numerose testimonianze di questo particolare tipo di scrittura. Non soltanto lettere belle ed intense, ma anche e soprattutto autentici rapporti fra persone: scrittori complessi come Goethe o fortemente politici come Calvino hanno dato, nelle loro personali lettere d'amore, una testimonianza autentica dell'uomo che c'è dietro l'intellettuale. Ecco dunque alcuni brevi frammenti tratti dalle lettere d'amore più belle.

1. Didone ad Enea

Pierre-Narcisse Guerìn, Didone ed Enea, 1815
Pierre-Narcisse Guerìn, Didone ed Enea, 1815

Non sono lettere autentiche ovviamente, ma fanno parte di un'opera particolare: sono le bellissime lettere immaginate delle "eroine" dei miti greci, le Heroides, del poeta latino Ovidio. Un uomo che si cala nei panni di una donna abbandonata, tradita o ingannata, e scrive alcuni dei versi più commoventi e veri di sempre. Fra le tante protagoniste raccontate dalla voce di Ovidio, tra le quali Fedra, Penelope, Arianna o Briseide, la più struggente è quella di Didone, che piange sull'abbandono subito da Enea. La storia, tratta dal poema epico virgiliano, viene riletta in tutta la sua semplice umanità: una donna prima sedotta, poi abbandonata, che cerca di convincere il suo uomo ad andare contro un destino già stabilito dagli déi e quindi inesorabile, per amor suo. La fine di Didone sarà tragica: sceglie di darsi la morte con la stessa spada ricevuta in dono dal condottiero troiano, che, mentre lei scrive, è già lontano.

Ormai sei deciso, Enea, ad andartene e ad abbandonare l'infelice Didone. I medesimi venti porteranno lontano le tue vele e le tue promesse. Brucio come le fiaccole di cera impregnate di zolfo, come l'incenso delle devozioni versato sui roghi fumanti. Enea resta sempre impresso nei miei occhi insonni, Enea ho nella mente, notte e giorno. Ma lui è ingrato e sordo e, se non fossi insensata, vorrei fare a meno di lui. Tuttavia non odio Enea, benché mediti il mio male, ma lamento la sua slealtà e, pur lamentandomi, lo amo di più.

2. Franz Kafka a Milena

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Non sono di certo le lettere più famose scritte da Kafka, quelle per Milena Jesenskà. Se per altri scrittori si avverte una distanza evidente tra la scrittura dell'opera e quella della corrispondenza, svelando esseri umani drasticamente diversi dagli autori, in Kafka lo stile narrativo e lo stile epistolare sono quasi perfettamente sovrapposti e obbediscono a movimenti di pensiero identici. Le parole che Kafka usa per spiegare i meccanismi dell'angoscia e i sensi di colpa che lo tormentano appartengono così profondamente allo stesso mondo dei suoi racconti, che spesso si ritrovano quasi immutate. Le prime lettere risalgono al 10 aprile 1920, quando lo scrittore si trasferisce nella pensione Ottoburg di Merano, dove sperava di trovare un clima mite e buono per la sua salute. Il personaggio di Milena emerge prepotente dalle lettere: Kafka passa a darle del tu, poi di nuovo del lei, quindi usa nuovamente il tu. Un continuo cambiamento emotivo che trascina tutto con sé. Un epistolario fatto di angoscia, di frammenti spezzati di discorsi e di un amore idealizzato che non si realizzerà mai.

Non so rendermi conto se dopo le mie lettere di mercoledì tu voglia ancora vedermi. So il rapporto fra te e me (tu appartieni a me, anche se non dovessi vederti mai più), lo conosco in quanto non sta nel territorio confuso dell'angoscia, ma non conosco affatto il rapporto tuo verso di me, questo appartiene tutto all'angoscia. Non mi lagno del crollo, il mondo per me stava già crollando, mi lagno del suo ricostruirsi, mi lagno delle mie deboli forze, mi lagno del venire al mondo, mi lagno della luce del sole. (…) Sono stanco, non so nulla e non vorrei che posare il viso nel tuo grembo, sentire la tua mano sul mio capo e rimanere così per tutte le eternità.

3. John Keats a Fanny Brawne

John Keats in un ritratto di Joseph Severn
John Keats in un ritratto di Joseph Severn

Il fidanzamento fra Keats e Fanny Brawn rimase sconosciuto fino al 1878, quando vennero pubblicate le prime lettere. La loro unione, durata dal dicembre 1818 fino alla morte di Keats nel febbraio del 1821, ha coinciso fra le altre cose con gli anni artisticamente più prolifici del poeta. Keats si innamora immediatamente di Fanny, ma non la sposa, a causa delle sue condizioni economiche limitate e della sua salute precaria. La pubblicazione postuma della loro corrispondenza scandalizzerà la società vittoriana. In una lettera scritta nel 1820 si legge:

Per quanto mi riguarda io non so esprimere la mia devozione in modo giusto: vorrei una parola più luminosa della luce, una parola più giusta della giustizia. Vorrei che fossimo entrambi farfalle, per vivere tre sole giornate d'estate: in questi tre giorni con te potrei sentire più gioia che cinquanta banali anni potrebbero contenere.

Già malato di tubercolosi, morirà l'anno seguente all'età di 25 anni.

4. Italo Calvino ed Elsa

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Per tre lunghi anni Italo Calvino ebbe una relazione con l'attrice Elsa De Giorgi.  Dei due amanti sono rimaste circa 300 lettere, conservate dal 1994 nel "Fondo Manoscritti" di Pavia ed in parte pubblicate dalla stessa Elsa. E’ un Calvino insolito, molto lontano dall'intellettuale di cui si occupano i critici. Appassionato, inaspettato, privato, ma allo stesso tempo letterario, culturale e politico come sempre.

Vo­glio amarti scri­vendo, pren­derti scri­vendo, non al­tro. È forse la paura di sof­frire che prende il so­prav­vento? Cara, cara, mi co­no­sci troppo, ma no, troppo poco, devo an­cora farmi co­no­scere da te, devo an­cora sco­prirmi a te, stu­pirti, ho bi­so­gno di farmi am­mi­rare da te come io con­ti­nua­mente ti am­miro. Ho più che mai bisogno di stare fra le tue braccia. Gioia cara, vorrei una stagione in cui non ci fossi per me che tu e carta bianca e voglia di scrivere cose limpide e felici. Una sta­gione e non la vita? Il mio amore per te è nato come una protesta di individualista, una protesta contro tutto un clima, mosso da un bisogno profondissimo ma con un significato generale, una lezione per tutti, di non-rinuncia, di coraggio alla felicità. Come que­sta le­zione si tra­durrà nell’opera crea­tiva è an­cora da vedersi.

5. Goethe e Lotte von Stein

ritratto di Goethe in Italia, Johann Heinrich Tischbein,1787
ritratto di Goethe in Italia, Johann Heinrich Tischbein,1787

La corrispondenza con Charlotte von Stein conta più di milleseicento intense lettere. Goethe scrisse fino al 1786, quando parte in gran segreto da Karlsbad e dalla residenza del suo mecenate, il duca Carlo Augusto di Sassonia-Weimar, marito proprio di Charlotte. Un amore assolutamente platonico, dunque. Le lettere sono un frammento importante per ricostruire la vita intellettuale dello scrittore tedesco, e i commentatori hanno sempre visto nell'ambiguità di un'amicizia amorosa il motivo per il quale, ad un certo punto, Goethe senta il bisogno di abbandonare il suo Paese e di respirare aria pulita, lontana dalla consuetudine senza ispirazione che Charlotte gli aveva costruito attorno.

Le mie lettere ti avranno detto quanto io mi senta solo. Non mangio a corte, vedo poca gente, me ne vado a passeggiare solo e in ogni bel punto desidero di essere con te. Non posso fare a meno di amarti, anche più di quello che dovrei, e tanto più felice sarò quando ti rivedrò. In te ho trovato la misura per tutte le donne, anzi per tutti gli esseri umani: attraverso il tuo amore, la misura per la sorte di ognuno. Non è che esso mi offuschi il resto del mondo, anzi direi piuttosto che me lo schiarisce tutto quanto, e mi rende possibile di vedere nettamente come sono gli uomini, cosa pensano, cosa desiderano, cosa fanno e godono: a ognuno concedo il suo, e dentro di me mi rallegro del fatto di possedere, io, un tesoro cosi indistruttibile.

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