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Le cinque donne filosofe che dovresti conoscere

La storia del pensiero è piena di donne straordinarie che hanno scelto la filosofia come compagna di vita: di alcune resta solo la leggenda, di altre possediamo opere che sono diventate fondamentali per l’acutezza e il coraggio con il quale hanno saputo affrontare tematiche difficili e complesse, come il nazismo o il femminismo. Se alcune le abbiamo dimenticate, perché magari associate a nomi più importanti, altre ancora oggi fanno discutere e restano, nell’immaginario collettivo, figure affascinanti: ecco una lista di cinque donne, pensatrici ed intellettuali, che hanno reso grande la filosofia.
A cura di Federica D'Alfonso
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Sfogliando un qualsiasi manuale di storia della filosofia ci si accorge che molti sono i nomi importanti, monumentali, di uomini che hanno reso grande questa disciplina. Un po' meno numerose, sono le testimonianze di donne che in maniera però altrettanto forte hanno difeso il libero pensiero e hanno contribuito in modo eccezionale alla nascita e allo sviluppo della società e della cultura come oggi le conosciamo. Alcune donne sono diventate il simbolo della lotta per il libero pensiero in epoche in cui alla figura femminile era associata un'idea di debolezza che le condannava ad essere semplici mogli, o madri. Fin dall'epoca antica però, le donne hanno avuto un ruolo fondamentale nella cultura, e in particolare, in quella materia difficile e astratta che è la filosofia: Platone utilizza le parole di una donna, Diotima, per raccontare "cos'è l'amore" in una delle sue opere più famose, il "Simposio". Ma ancora, personaggi come Aspasia, l'affascinante moglie del politico ateniese Pericle, personaggi che oggi si perdono nella leggenda, hanno fatto parte in modo attivo della storia del pensiero e, in alcuni casi, l'hanno cambiata. Ecco una breve lista di alcune delle donne che hanno scelto la filosofia come compagna di vita, dall'antichità ai giorni nostri.

1. Ipazia d'Alessandria

C. W. Mitchell, La morte di Ipazia, 1885
C. W. Mitchell, La morte di Ipazia, 1885

Ipazia, la prima vera "donna filosofa", nasce ad Alessandria d'Egitto nella seconda metà del IV secolo. Dicevano di lei che fosse giunta "a tanta cultura da superare di molto tutti i filosofi del suo tempo. Per questo motivo accorrevano da lei da ogni parte tutti coloro che desideravano pensare in modo filosofico". Una figura leggendaria quella di Ipazia: ha scritto di matematica, astronomia e filosofia neoplatonica, ma le sue opere sono andate distrutte, lasciando sulla sua figura un alone di  leggenda, accresciuto dai racconti violenti sulla sua morte. Viene infatti uccisa da un gruppo di cristiani nel marzo del 415: nel clima di tensione e scontri religiosi che sconvolgeva l'Impero romano, Ipazia, una donna, una filosofa, per di più pagana, divenne il simbolo di quella libertà di pensiero pericolosa, da eliminare.

Nel quinto secolo dopo Cristo una donna fu assassinata. Non sappiamo molto di lei, se non che era bella e che era una filosofa. Sappiamo che fu spogliata nuda e che fu dilaniata con cocci aguzzi. Che le furono cavati gli occhi. Che i resti del suo corpo furono sparsi per la città e dati alle fiamme. E che a fare tutto questo furono dei fanatici cristiani. Sappiamo che da allora è diventata un simbolo, un'icona. Anche se di questa icona non conosciamo i tratti. Sappiamo che i suoi allievi si innamoravano di lei, e che lei li respingeva.

2. Elisabetta di Boemia

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È famosa soprattutto per aver intrattenuto una fitta corrispondenza con Cartesio, dal 1643 al 1649, fino alla morte del filosofo. Ma ancora di più, fu una donna famosa per la sua inarrestabile dedizione allo studio, in un secolo in cui le donne non erano ancora libere di scegliere la propria istruzione: si racconta che leggesse fino a notte fonda, assistesse a dissezioni anatomiche e ad esperimenti scientifici. Secondo i commentatori, le ultime opere di Cartesio, come ad esempio "Le passioni dell'anima", vennero profondamente influenzate dal rapporto epistolare fra i due, che non si limitava ad una semplice esposizione delle proprie teorie da parte del filosofo: in più di un'occasione Elisabetta riuscì a mettere in crisi e a smontare le ipotesi del grande pensatore. Definita "ancora più puntigliosa del demone maligno che aveva instillato in Cartesio il suo famoso dubbio metodico", Elisabetta seppe cogliere alcune incongruenze nel sistema e nel pensiero cartesiani, contribuendo in modo decisivo alle riflessioni di uno dei più importanti pensatori della storia.

3. Simone Weil

Simone Weil nel 1936, durante la guerra civile spagnola
Simone Weil nel 1936, durante la guerra civile spagnola

È stata forse una delle figure più tormentate ed affascinanti del Novecento. La sua fama è legata non soltanto al pensiero estremamente versatile, che ha toccato i più svariati temi, dalla politica alla religione, ma anche e soprattutto dalle drammatiche vicende che decise di sperimentare durante la sua vita: la scelta di lasciare l'insegnamento per vivere da vicino la difficile condizione operaia dell'epoca, l'impegno come attivista partigiana nonostante i gravissimi problemi di salute ed un rapporto intenso, estremo, con la religione. Si racconta che il preside del suo liceo la chiamasse "imperativo categorico in gonnella", per descrivere ironicamente il suo carattere duro ed intransigente fin dalla tenera età. Nel 1934 sceglie di vivere un'esperienza difficile per una donna di salute fragile come lei, ma cruciale per lo sviluppo della sua filosofia politica: abbandona l'insegnamento e trascorre otto mesi come operaia presso varie fabbriche, tra le quali la Renault, lavorando alla pressa e alla fresa. Descriverà quest'esperienza in un'opera famosa, pubblicata dopo la sua morte: "Riflessioni sulle cause della libertà e dell'oppressione sociale". Poco tempo dopo, durante un viaggio con i genitori in Portogallo, Simone assiste alla festa del patrono in un povero villaggio di pescatori: qui, mentre osserva le donne in processione che cantano inni antichi e compiono oscuri gesti rituali ha "all'improvviso la certezza che il cristianesimo è per eccellenza la religione degli schiavi, che gli schiavi non possono non aderirvi, e io con loro". La sua complessa figura venne accostata in seguito a quella dei santi, ma la sua fortuna intellettuale e filosofica è dovuta al lavoro di un altro grande filosofo, Albert Camus, che dopo la sua morte avvenuta a soli 34 anni, ne ha divulgato e promosso le opere: in occasione del conseguimento del premio Nobel per la Letteratura, nel 1957, menzionando gli autori viventi più importanti per lui, Camus aggiunge "anche Simone Weil, perché a volte i morti sono più vicini a noi dei vivi".

Non siate ingrati verso le cose belle. Godete di esse, sentendo che durante ogni secondo in cui godete di loro, io sono con voi… Dovunque c'è una cosa bella, ditevi che ci sono anch'io.

4. Hannah Arendt

Hannah Arendt nel 1949
Hannah Arendt nel 1949

La sua storia è molto simile a quella di numerosi intellettuali nati ebrei in Germania: negli anni Trenta la Arendt è infatti costretta ad abbandonare il suo Paese e a rifugiarsi prima in Francia e poi negli Stati Uniti. La sua opera più famosa è senz'altro "La banalità del male", scritta in occasione del processo contro il criminale nazista Adolf Eichmann. La Arendt segue il processo, che si tiene a Gerusalemme nel 1961, come inviata del "New Yorker": in seguito alla dichiarazione di Eichmann di aver semplicemente eseguito gli ordini, come un qualunque soldato avrebbe dovuto fare durante una guerra, Arendt lo descrisse con una frase passata alla storia: "l'incarnazione assoluta della banalità del male". La donna rimase fermamente convinta che le ragioni profonde dei crimini nazisti risiedano non tanto nella cattiveria o nella mostruosità di alcuni carnefici, ma nella totale assenza di pensiero in uomini che, se presi nella vita quotidiana o familiare, sono del tutto banali, ma se inseriti in una macchina infernale come quella creata dal nazismo, diventano capaci delle più disumane atrocità.

Non era stupido, era semplicemente senza idee. Quella lontananza dalla realtà e quella mancanza di idee, possono essere molto più pericolose di tutti gli istinti malvagi che forse sono innati nell'uomo. Questa fu la lezione di Gerusalemme. Ma era una lezione, non una spiegazione del fenomeno, né una teoria.

Un'interpretazione che venne fortemente criticata dalla stessa comunità ebraica, accusandola di superficialità e sottovalutazione del fenomeno nazista. Nonostante questo, la critica di Arendt è rimasta ferma negli anni, e costituisce ancora oggi una delle analisi più affascinanti e profonde dell'animo umano. Hannah Arendt è stata una filosofa salda, forte, una donna che ancora oggi non smette di affascinare e far parlare di sé, come testimonia l'uscita, nel 2012, del film sulla sua vita diretto da Margarethe von Trotta.

5. Simone de Beauvoir

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"Di me sono state create due immagini. Per alcuni sono una pazza, un'eccentrica, ho abitudini dissolute: una comunista raccontava, nel '45, che a Rouen da giovane mi aveva vista ballare nuda su delle botti. Ho praticato con assiduità tutti i vizi, la mia vita è un continuo carnevale. altri pensano che con i tacchi bassi e i capelli tirati somiglio ad una patronessa, ad un'istitutrice (nel senso peggiorativo che la destra dà a questa parola), ad un caposquadra dei boyscout. Passo la mia esistenza fra i libri o a tavolino, tutto cervello. Nulla impedisce di conciliare i due ritratti, ma l'essenziale per tutti è presentarmi come un'anormale. Il fatto è che sono una scrittrice: una donna scrittrice non è una donna di casa che scrive, ma qualcuno la cui intera esistenza è condizionata dallo scrivere. È una vita che ne vale un'altra: che ha i suoi motivi, il suo ordine, i suoi fini che si possono giudicare stravaganti solo se di essa non si capisce niente". Si descriveva così Simone de Beauvoir, esponendo senza mezzi termini l'idea distorta che di lei ha creato l'opinione pubblica. Laureata alla Sorbona con una tesi su Leibniz, ottiene nel 1929 "l'agrégation", l'idoneità all'insegnamento riservata ai migliori studenti. Nello stesso anno incontrerà colui che, senza matrimonio né convivenza, diventa il compagno della sua vita, il filosofo esistenzialista Jean Paul SartreIl rapporto fra i due venne fin da subito criticato, ma resta nell'immaginario collettivo come il più saldo rapporto intellettuale del Novecento: i due compaiono insieme anche nel famoso quadro di Renato Guttuso "I funerali di Togliatti", del '72. Una donna eccentrica certo, ma straordinariamente acuta e sensibile. Con "Il secondo sesso" del 1949, Simone diviene famosa in tutto il mondo per le particolari posizioni assunte come intellettuale e come donna, nei confronti della condizione femminile; inserita in quel vasto movimento detto "femminismo", lei stessa non apprezzava questa definizione:

Non ho mai nutrito l'illusione di trasformare la condizione femminile, essa dipende dall'avvenire del lavoro nel mondo e non cambierà seriamente che a prezzo di uno sconvolgimento della produzione. Per questo ho evitato di chiudermi nel cosiddetto "femminismo".

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