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Laurea Honoris Causa a Riccardo Muti. «Abbiate fede, perché peggio di così non può andare!»

L’Università degli studi di Napoli l’Orientale conferisce la Laurea in Letterature e culture comparate al celebre Maestro che ne approfitta per tenere una lectio magistralis agli allievi del Conservatorio San Pietro a Majella.
A cura di Luca Iavarone
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Il Maestro Muti si rivolge, appassionato, agli studenti del Conservatorio di cui è stato allievo e, in generale, a tutti i giovani napoletani, approfittando dell'occasione pubblica per infondere orgoglio e speranza per una napoletanità che, nella sua esperienza, è stata motivo di vanto e fama internazionale. Di seguito la trascrizione del discorso del Maestro.

« Non è la prima volta che tramuto la lectio magistralis in una prova [d'orchestra]. In questo caso [ci tengo] ancor di più perché si tratta dei ragazzi del Conservatorio di S Pietro a Majella, da cui sono partito tanti anni fa. Tutto questo quartiere era un po' il mio mondo di studi, perché [da ragazzo] frequentavo la mattina il liceo Vittorio Emanuele e, tre volte alla settimana, il Conservatorio.

Tre o quattro anni fa sono passato dal Vittorio Emanuele, in una delle mie visite al centro storico di Napoli, e mi è successa una cosa: mancavo dal 1959-60 e sono entrato nell'atrio. Mi è venuto in contro il portiere del liceo, che io ovviamente non conoscevo avendo lasciato il liceo tanti decenni prima, e ha detto: «Maestro Muti, io vi tengo annanz' all'uocchie tutt' e juorne». «Com'è possibile? Io manco qui dal 1959-60». «Voi state lì». E infatti c'è una lapide proprio di fronte alla guardiola del portiere, dove ho letto i nomi, e il mio nome è l'ultimo e l'unico vivo!

Io mi sono formato in questo mondo così meraviglioso, così straordinario e da qui è partito tutto. Dovete avere assolutamente fiducia nel vostro lavoro e nel vostro futuro. Non era più semplice ai miei tempi, e però adesso è difficile per altri versi, perché la parola "cultura", tanto invocata, si è svuotata di tutto il suo significato ed è diventata una specie di passaparola, usata da personaggi degni e talvolta meno degni.

Ma dovete avere fiducia e credere nei vostri insegnanti, nella vostra scuola e soprattutto [essere] orgogliosi del fatto che appartenete a un grande Conservatorio, così come oggi come siamo di fronte a un grande corpo accademico, di fronte a un grande rettore, di fronte a un'università importante in una grande città. E dovete anche pensare che la napoletanità, nonostante qualcuno voglia ogni tanto irriderci, è un fatto invece molto importante. Mia madre mi ha fatto nascere a Napoli, quando non sapeva ancora che io sarei diventato un musicista. Perché allora l'idea che uno facesse il musicista era molto peregrina. Il musicista! «Al massimo può fare il direttore di banda se gli va bene la carriera». Non che sia disdicevole, però naturalmente nessuno pensava a questo tipo di carriera.

E certe volte l'essere napoletani, l'essere meridionali, può portare qualche elemento di fastidio da parte di altre zone, non solamente nazionali ma anche internazionali. Però la napoletanità alla fine vince, come farà vincere questa città nonostante le ferite. Dovete pensare che il fatto di aver studiato in questo conservatorio, che è stato il conservatorio dove i primi direttori sono stati Paisiello e Mercadante, [è una fortuna]. Quando io ero direttore dell'orchestra di Philadelphia, in una delle tournée ho visitato ho visitato l'università di Indiana e sono rimasto molto colpito dal fatto che il presidente dell'orchestra mostrò questa università dove nelle sale in cui si insegnava il pianoforte c'erano due pianoforti a gran coda Steinway, tappeti, giradischi dei più moderni, il bar! Io rimasi impressionato, però dissi: «Io vengo da un altro tipo di conservatorio, dove ancora si respira l'aria di Paisiello. Nella mia stanza non c'erano due pianoforti Steinway gran coda ma ce n'era uno a mezza coda e c'era solamente un lume al centro della stanza e alle pareti [erano appese] facce abbastanza inquietanti. Però questo è valso per me molto di più dei tappeti, dei giradischi, del bar, dei pianoforti». Perché voi [ragazzi] respirate l'aria di una storia irripetibile.

E c'è anche un altro aneddoto: quando fui invitato dai Filarmonaci di Vienna a dirigere la prima volta il concerto di capodanno 1993, prima che io dirigessi ci fu qualche alzata di sopracciglio e qualche critica che venne proprio dai nostri connazionali, soprattutto del nord che dissero: «Hanno invitato Muti… E che ci fa un napoletano sul podio della Filarmonica di Vienna il primo dell'anno? Con la musica di Strauss che ci azzecca?». Ma io ero stato invitato proprio perché i viennesi avevano trovato che il mio modo di fare Schubert, che è la porta verso Strauss, era la più giusta, e veniva da un napoletano, ignorando loro [i detrattori] che Napoli era nel ‘700 una grandissima capitale, che dialogava direttamente con Vienna, mentre altre città erano meno eclatanti e meno culturalmente fornite.

Quindi credete nella vostra città, credete nel vostro conservatorio e abbiate fede, perché peggio di così non può andare! »

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