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La verità dei due marò italiani

Dal carcere indiano, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, hanno voluto dare la loro versione dei fatti su quanto accaduto lo scorso 15 febbraio: “In nave non giravamo armati”. Ma molti ancora sono i punti interrogativi su questa vicenda.
A cura di Biagio Chiariello
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dal carcere in india latorre e girone hanno espresso la loro versione dei fatti

Hanno voluto dire la loro i due marò italiani. Non che in questo mese di detenzione nella prigione di Trivandrum, non lo abbiano fatto.  Ai loro figli hanno «spiegato tutto». E' stata Repubblica a raccogliere le testimonianze del maresciallo Massimiliano Latorre e del sergente Salvatore Girone. Si dicono «dispiaciuti» per la morte dei pescatori indiani, «a prescindere da come sia successo», ma chiariscono che sono scesi dalla Enrica Lexie solo perché gli è stato intimato. In ogni caso rivelano di non aver mai girato armati sulla nave, perché «le armi vengono custodite a bordo».

Riconoscono di essere trattati sempre «bene, con rispetto». Mangiano sempre piatti cucinati da un ristorante italiano. «Tagliatelle, pizza e coca cola, li fa sentire più vicini a casa». Semmai ce ne fosse stato bisogno, i due fucilieri del Reggimento San Marco ricordano di avere alle spalle «molte operazioni a bordo e a terra e abbiamo ottenuto, grazie a Dio, un ottimo riscontro da parte di tutti, a livello nazionale e internazionale, come uomini e come reparto». In quanto alle operazioni anti-pirateria, affermano di crederci «ciecamente».

I due marò parlano spesso con le loro famiglie.  Giulia ha 18 anni e Noemi ne ha 12, dice Latorre. Hanno ben chiara la gravità dei fatti e sono giustamente preoccupate. Lo stesso vale per il piccolo Michele, primogenito del sergente Latorre: «ha 10 anni, sa tutto e tiene tutto dentro. E' un bambino forte e sveglio». Dovranno aspettare ancora dei giorni, forse delle settimane per riabbracciarli, dopo i continui rinvii della Corte del Kerala  ha rinviato a lunedì 19 l’udienza per decidere sulla richiesta italiana in merito alla giurisdizione dei fatti del 15 febbraio scorso.

Molte, in realtà, le domande a cui i due ragazzi italiani non hanno potuto rispondere. Chi è che gli ha intimato di scendere dalla nave? Se c'era buona visibilità quando è avvenuto l'attacco. Chi ha detto: attenzione, ci stanno attaccando i pirati? Ma ad ogni modo, i marò sono dell'idea che gli indiani «hanno fatto il loro dovere. Li capiamo». Poi un pensiero ai due pescatori che hanno perso la vita: «Siamo cattolici e ci dispiace della loro morte. Siamo uomini di mare, le vite perse in mare ci dispiacciono sempre».

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