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La storia di Luisa e del suo “zaino magico” che le salva la vita

La bimba di 12 anni soffre di insufficienza intestinale cronica. Dovrà trascorrere la vita attaccata ad un filo, ma non si abbatte. Come lei, ci sono molti ragazzini che in Italia soffrono della stessa patologia.
A cura di B. C.
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“Potete immaginarvi cosa si prova a sentirsi dire da un medico: ‘Sua figlia dovrà nutrirsi per tutta la vita attraverso una macchina, attaccata a un filo’. La nostra famiglia ne è stata devastata. Tutti ne portiamo le conseguenze, forse quella che la vive meglio è proprio Luisa, che riesce anche a incoraggiare gli altri” . A parlare è Michela, mamma di Luisa, una bimba che oggi ha 12 anni e soffre di insufficienza intestinale cronica. “Luisa è nata il 20 dicembre 2002, sanissima, dopo nove mesi di gravidanza perfetta. Siamo tornati a casa normalmente. Ma qualcosa non andava” spiega la donna al Corriere della Sera. La piccola aveva un coagulo di sangue nelle feci. Viene messa in incubatrice e operata nell’ospedale più vicino, ma l’intervento serve solo a pulirla dalla necrosi interna. Trasferita all’Ospedale Bambino Gesù di Roma per un nuovo intervento, la diagnosi: volvolo intestinale, ovvero attorcigliamento.

L’intestino viene resecato più volte perché non riesce a ripartire, l’ultima volta a nove mesi. Ora Luisa è nutrita attraverso una pompa contenuta in uno zaino che le permette di muoversi e vivere mentre riceve i nutrienti. Sta bene, frequenta la seconda media, la sua passione è il canto e ha i suoi amici, ma ogni giorno, puntuale, la sera alle 6 si attacca alla pompa per tutta la notte, la mattina si alza, fa colazione con la famiglia e va a scuola. La malattia non ha diminuito la sua voglia di vivere e conoscere il mondo, tutt’altro.

“La nostra vita è cambiata in tutto: vacanze, scuola, attività quotidiane. Cose che prima facevi spensieratamente ora ci pensi due volte prima di farle”, spiega Michela, “ma Luisa affronta benissimo la sua malattia. È allegra, vivace, spontanea”. La donna ha deciso di creare un gruppo su Whatsapp per incoraggiare e condividere le storie di altri bimbi che hanno il suo stesso problema ma non la sua serenità nell’affrontarlo. “Abbiamo deciso di fare questo gruppo – spiega Luisa – per raccontarci i nostri problemi e anche per confrontarci. È nato tutto per gioco in un corridoio dell’ospedale perché incontrando Alessio ci siamo confrontati con i nostri tubi, su chi ne aveva di più e chi meno, come quando collezioni le figurine. Ci siamo divertiti perché ci siamo trovati in tre in stanza e quando passava la visita facevamo le scommesse per chi si toglieva i tubi prima”.

L’insufficienza intestinale cronica benigna è un problema che segna il paziente per tutta la vita: costretto a nutrirsi, vivendo attaccato a un filo. Nel nostro Paese sono circa seicento le persone con “intestino corto”, di cui almeno un centinaio bambini: dipendono – spesso per tutta la vita – da un macchinario che eroga nutrienti direttamente in vena tramite un catetere. “Sono pazienti con bisogni speciali che riescono ad avere una vita pressoché normale, ad andare a scuola, al lavoro o a svolgere altre attività, anche grazie al loro zainetto”, dice Domenica Taruscio, direttore del Centro nazionale malattie rare dell’Istituto Superiore di Sanità. Le altre storie come quella di Luisa sono raccolte su Lo Zaino Magico, una rubrica pubblicata da Ansa.

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