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La risposta incompleta di Gentiloni sulle armi italiane vendute ai sauditi

Gentiloni conferma le forniture militari verso l’Arabia Saudita chiarendo di essere “dentro le regole”. Ma la sua interpretazione lascia molto a desiderare e l’inopportunità, al di là di tutto, appare evidente.
A cura di Giulio Cavalli
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Foto Vincenzo Livieri - LaPresse 24-10-2016 - Roma Corridoi umanitari - Arrivo a Roma Fiumicino di 75 profughi provenienti dal Libano. Nella foto Paolo Gentiloni Vincenzo Livieri - LaPresse 24-10-2016 - Rome - Italy News Humanitarian corridors - Arrival in Rome Fiumicino of 75 refugees from Lebanon
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Alla fine, messi alle strette, dal governo hanno deciso di confermare che sì, vendiamo armi all'Arabia Saudita. Il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni (come già aveva affermato nei giorni scorsi la ministra della Difesa Roberta Pinotti) rispondendo alla Camera al question time del deputato Luca Frusone (Movimento 5 Stelle) ha detto che l'azienda RWM Italia, ditta italiana che fa parte del gruppo tedesco Rheinmetall, "ha esportato in Arabia Saudita in forza di licenze rilasciate in base alla normativa vigente". Sulla vicenda da mesi alcune associazioni per il disarmo, alcuni gruppi parlamentari (M5S e Possibile), giornali (con il cattolico Avvenire in testa) e trasmissioni televisive come Le Iene cercano di fare luce dopo che dall'aeroporto di Cagliari erano state fotografate armi in partenza verso i sauditi.

Ora, almeno non ci sono più dubbi sulle forniture militari da parte dell'Italia ma il governo ha precisato di rispettare "tutte le norme vigenti" mantenendo la linea della ministra Pinotti (che disse "le esportazioni sono regolate dalla legge" e "la risposta a ciasacuno istanza viene data dopo avere ascoltato i pareri dei diversi ministeri e dell'autorità nazionale UAMA"). "L'Arabia Saudita – ha risposto il ministro della Farnesina – non è oggetto di embargo o restrizioni internazionali sulla vendita delle armi" aggiungendo che "se in sede ONU o UE fossero accertate infrazioni l'Italia si adeguerebbe".

Ma la risposta in realtà non convince del tutto. L'articolo 185 del 1990 che regola l'esportazione delle armi dall'Italia verso l'Estero non solo vieta di fornire armi in regime di embargo, ma anche "verso i Paesi in stato di conflitto armato, in contrasto con i principi dell’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, fatto salvo il rispetto degli obblighi internazionali dell’Italia o le diverse deliberazioni del Consiglio dei ministri, da adottare previo parere delle Camere", nonché "verso Paesi la cui politica contrasti con i principi dell’articolo 11 della Costituzione". Lo scorso 25 febbraio le Nazioni Unite hanno vietato con ampia maggioranza una risoluzione in cui condannano fermamente gli attacchi militari dell'Arabia Saudita nella zone dello Yemen chiedendo all'Unione di "avviare un’iniziativa finalizzata all’imposizione da parte dell’UE di un embargo sulle armi nei confronti dell’Arabia". Il crinale su cui si volge quindi l'interpretazione della legge è molto più sottile di quello che la Farnesina vorrebbe far credere.

Poi, in realtà, c'è anche il senso dell'opportunità, questa sconosciuta. L'essere consapevoli di armare un'azione militare non condivisa (e non condivisibile) eppure fingere che la vendita di armi possa essere considerata un normale scambio commeraciale alla stregua di qualsiasi altro prodotto. Con le parole di Gentiloni possiamo dire con certezza che sono italiane le schegge che stanno provocando stragi di civili in uno dei tanti territori del mondo in cui l'informazione sembra non volere mischiarsi. Ma noi lo sappiamo, nero su bianco, scritto sulle polverose carte del Parlamento italiano. Alla luce di questo davvero il governo si sente tranquillo? Davvero l'Italia può ritenersi con la coscienza pulita?

Ci sono numerose strade che rasentano l'illegalità senza caderci dentro che portano in mezzo al fango: da Gentiloni e Pinotti forse ci piacerebbe sentire una parola anche su questo.

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Autore, attore, scrittore, politicamente attivo. Racconto storie, sul palcoscenico, su carte e su schermo e cerco di tenere allenato il muscolo della curiosità. Collaboro dal 2013 con Fanpage.it, curando le rubriche "Le uova nel paniere" e "L'eroe del giorno" e realizzando il format video "RadioMafiopoli". Quando alcuni mafiosi mi hanno dato dello “scassaminchia” ho deciso di aggiungerlo alle referenze.
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