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La ripresa è ancora lontana. E la Ue boccia ancora l’Italia (stavolta sul debito)

Brutte notizie per il governo Renzi. Bruxelles sottolinea come il mercato del lavoro stenti ancora ad arrestare l’emorragia occupazionale che prosegue dal 2008. Richiesti interventi strutturali per invertire la rotta.
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La ripresa economica italiana e dell'intera Unione Europea è, purtroppo, ancora solo uno slogan da campagna elettorale. Questa mattina la Commissione Ue ha reso i noti i dati relativi alle previsioni di crescita per le nazioni dell'Unione e i numeri sono tutt'altro che incoraggianti. Secondo le stime fornite da Bruxelles il Pil dei 18 paesi dell'eurozona crescerà solo dello 0.8 per cento quest'anno a fronte del previsto 1.2 per cento anticipato in primavera. Ugualmente a ribasso le previsioni per il 2015 (dove si passa dal 1.7 per cento annunciato nei mesi scorsi al 1.1 per cento di oggi) e per il 2016 (dove dallo stimato 2 per cento di crescita si scende allo 1.6 per cento). E a livello nazionale le cose sono tutt'altro positive.

La situazione italiana

Secondo il documento redatto dai tecnici di Bruxelles l'Italia nel 2014 registrerà, ancora una volta, un saldo negativo per quanto riguarda la recessione (-0.4 per cento, mentre il governo Renzi aveva previsto un -0.3 per cento), mentre nel 2015 si dovrebbe assistere ad una lieve ripresa del Pil italiano registrando il segno positivo con lo 0.6 per cento, dovuto alla possibile ripresa della domanda esterna. Meglio ancora dovrebbe essere il 2016 dove l'Italia potrebbe toccare il più 1.1 per cento. La situazione italiana, nello specifico, è resa ancora più complicata dall'altissimo debito – il secondo dell'intera area comunitaria dopo la Grecia –, che toccherà la quota record del 133.8 per cento del Pil nel 2015 per poi diminuire al 132.7 nel 2016 (le previsioni sono da prendere con le pinze visto che per il 2014 era stato anticipato un debito del 132.2 per cento del Pil).

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In termini generali è ancora il mercato del lavoro a preoccupare i rappresentanti della Commissione europea, sia per quanto riguarda l'immobilità di alcune realtà – proprio come quella italiana, ma anche spagnola –, nel creare occupazione sia nelle difficoltà della promozione di politiche che aiutino a far crescere i salari. “La creazione di lavoro – si legge nel documento pubblicato oggi dalla Commissione Ue – è stata moderata e gli indici di disoccupazione non sono riusciti a diminuire in modo significativo. Poiché si ritiene che la ripresa economica arriverà in modo graduale, interventi più spinti nel mercato del lavoro sarebbero opportuni al fine di migliorare le prospettive future. Il tasso di disoccupazione dovrebbe toccare nell'area Eu il 9.5 per cento nell'eurozona il 10.8 per cento entro il 2016 (attualmente il valore è del 11.6 per cento, ndr)”.

Il commento del vice presidente Ue Katainen

Preoccupato per la situazione si è detto Jyrki Katainen, vice presidente Ue e commissario per il lavoro e la crescita, che ha affermato: “La situazione economica ed occupazionale non sta migliorando abbastanza velocemente. La Commissione Ue è determinata ad utilizzare tutti gli strumenti e le risorse disponibili per creare posti di lavoro e quindi crescita in Europa. Metteremo in campo un piano d'investimenti da 300 miliardi di euro, al fine di riavviare e sostenere il recupero economico della realtà europea. Accelerare gli investimenti rappresenta il fulcro per l'intero sistema economico comunitario”. Dello stesso avviso l'economista francese ed attuale Commissario agli Affari economici e finanziari Pierre Moscovici: “Non c'è una semplice o unica risposta alle sfide che stiamo affrontando in questo momento complicato. Dobbiamo agire su tre fronti, ovvero creare delle credibili politiche fiscali, operare delle ambiziose riforme strutturali e migliorare il settore degli investimenti, pubblici e privati, e delle tre quest'ultima è di certo quella più necessario. Tutti, a livello comunitario e nazionale, dobbiamo assumerci le nostre responsabilità e contribuire alla ripresa per permettere politiche per l'occupazione”.

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Dall'analisi dei dati provenienti da Bruxelles emerge, in sintesi, un doppio fallimento delle politiche applicate fino ad oggi in ambito Ue: da una parte i cosiddetti paesi locomotori dell'Unine hanno smesso di crescere, come la Germania (dove le previsioni di crescita sono state tagliate passando dal 2 per cento della primavera all1.1 di queste ore), la Francia (in stagnazione prolungata) o l'Italia (che, sebbene rappresenti ancora la terza economia europea, entrerà per la terza volta in sei anni in recessione); dall'altra i paesi che hanno subito i contraccolpi più violenti dalla crisi (oltre all'Italia, la Spagna, la Grecia e il Portogallo) e che al momento non sono ancora riusciti a rimettere in moto la macchina occupazionale e più in generale economica del paese (solo la Grecia, in questo quadro, rappresenta una piccola eccezione visto che uscirà a fine anno dalla recessione per quanto la situazione rimanga comunque complicata).

La svolta, tante volte proclamata nei mesi e negli anni scorsi, non c'è stata e secondo i tecnici di Bruxelles tarderà a venire, soprattutto se i governi non aiuteranno la ripresa attraverso percorsi che portino alla crescita dell'occupazione. E seppur gli interventi previsti e sponsorizzati dal governo Renzi non siano mai stato citati nel documento della Commissione Ue – così come non è stato citato nessun altro governo -, è possibile ipotizzare che lo scetticismo dei tecnici comunitari sia crescente, soprattutto perché si chiede ancora con forza alle varie realtà europee ancora lontane dal superare la crisi di intervenire in modo strutturale e coordinato per promuovere gli investimenti e snellire il comparto fiscale.

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