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La generazione degli anni Duemila per il ritorno della Quadriennale d’arte

Torna dopo otto anni di assenza la Quadriennale d’arte al Palazzo delle Esposizioni di Roma dal titolo “Altri tempi, altri miti”. Tante novità a partire dagli 11 curatori under 40 per arrivare ai 99 artisti espressione degli anni Duemila.
A cura di Redazione Cultura
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Marinella Senatore, The School of Narrative Dance: Little Chaos #1, 2013. Fine Art Print su carta Hahnemühle, incorniciata, 160 x 300 cm. Prodotta dai Musei Civici e Comune di Cagliari. Courtesy dell’artista
Marinella Senatore, The School of Narrative Dance: Little Chaos #1, 2013. Fine Art Print su carta Hahnemühle, incorniciata, 160 x 300 cm. Prodotta dai Musei Civici e Comune di Cagliari. Courtesy dell’artista

Torna dopo otto anni la Quadriennale d’arte al Palazzo delle Esposizioni di Roma con il titolo “Altri tempi, altri miti”. La mostra propone una mappatura esaustiva delle arti visive contemporanee in Italia nel 2016 da giovedì 13 ottobre e fino all'8 gennaio 2017.

In un paese che spesso si sostiene essere ammalato di gerontocrazia, ecco i numeri di un progetto nato con l'intento di portare all'attenzione del grande pubblico la generazione che ha formato il proprio immaginario nel ventunesimo secolo. Una rivoluzione, praticamente

Tante le novità di questa manifestazione al suo ritorno, soprattutto nei numeri. A partire dagli 11 curatori per 10 sezioni espositive, selezionati da una giuria esterna di cinque esperti interdisciplinari, che a loro volta hanno selezionato 99 artisti e ben 150 opere, di cui 60 nuove. Oltre un calendario di eventi collaterali diffusi nella città di Roma sul contemporaneo italiano, al quale hanno già aderito 25 tra musei, fondazioni e gallerie private.  E per finire questa breve carrellata sui numeri: un budget di 2 milioni di euro, di cui metà autofinanziati.

Riparte, dunque,  grazie a un piano di rilancio voluto dal Ministro dei Beni e delle Attività Culturali, Dario Franceschini, e caratterizzato da una forte impronta innovativa impressa dal Presidente della Fondazione Franco Bernabè, la Quadriennale d’arte, l’unica esposizione istituzionale dedicata al contemporaneo italiano. Novità non da sottovalutare, da mettere in relazione alla frammentazione dei percorsi conoscitivi delle giovani generazioni, il percorso espositivo non si struttura in un itinerario predeterminato.

11 curatori under 40

La sedicesima Quadriennale conferma la tradizione di affidare a una pluralità di curatori lo sguardo sul presente artistico, ma introduce una novità riguardo il metodo con cui sono stati selezionati i curatori, che ha impegnato oltre sei mesi di tempo. Una Call for project di ampio spettro a livello nazionale, sottoposta al vaglio di una giuria esterna interdisciplinare, ha sostituito la tradizionale commissione curatoriale nominata  dal Consiglio di Amministrazione.

La Call, bandita agli inizi di settembre 2015, è stata rivolta a 69 curatori che hanno esordito e si sono affermati dopo il Duemila, con un profilo generazionale quindi vicino a quello della maggior parte degli artisti partecipanti. La scelta di affidare la 16a Quadriennale a curatori perlopiù 30-40 enni è stata accompagnata dalla decisione di coinvolgere nella comunicazione visiva, nel catalogo e nella documentazione realtà produttive che sono nate di recente per far emergere con maggiore coerenza la cifra estetica con la quale si è aperto il nuovo millennio.

I curatori sono stati selezionati non soltanto sulla base del curriculum, ma soprattutto a partire dall’analisi di progetti espositivi elaborati appositamente per   la 16a Quadriennale. Ciascuno di loro ha avuto diversi percorsi formativi e professionali, ma tutti hanno già avuto modo di incidere sul dibattito culturale contemporaneo, non solo in Italia.

Marcello Maloberti, Himalaya, 2012, performance; Photo Ela Bialkowska
Marcello Maloberti, Himalaya, 2012, performance; Photo Ela Bialkowska

Il focus sulle arti visive in Italia negli anni Duemila

La 16a Quadriennale si focalizza sulle arti visive in Italia negli anni Duemila sotto il titolo "Altri tempi, altri miti", espressione che i curatori della mostra hanno preso a prestito dallo scrittore Pier Vittorio Tondelli per condensare i presupposti contenutistici e strutturali di questa edizione. Tondelli la utilizza nel sommario della raccolta cult "Un weekend postmoderno. Cronache dagli anni Ottanta".

Analogamente, la 16a Quadriennale è concepita come una mappatura mutevole delle produzioni artistiche e culturali dell’Italia contemporanea ed è articolata in dieci sezioni espositive, ognuna delle quali approfondisce un tema, un metodo, un’attitudine, una genealogia che connota quelle produzioni. Nelle parole dei curatori:

“Gli approfondimenti proposti nelle dieci sezioni della mostra sono percorsi dalla tensione generata dal confronto tra le narrazioni istituzionalizzate dell’arte italiana del passato e lo sguardo a un presente in via di definizione, che appunto non è possibile qualificare se non come altro. La differenza emerge quindi come la condizione inevitabile sulla quale questa edizione della Quadriennale si edifica e diventa lo strumento di lettura offerto allo spettatore, invitato quindi a interpretare le sezioni espositive come incarnazioni di discorsi artistico-culturali in dialogo con il passato attraverso strategie di rilettura critica, innovazione e superamento”.

Beatrice Catanzaro, Bait Al Karama, 2016, installazione con video e testi a parete, audio. Courtesy dell’artista
Beatrice Catanzaro, Bait Al Karama, 2016, installazione con video e testi a parete, audio. Courtesy dell’artista

Le 10 sezioni

Ogni sezione della 16a Quadriennale è affidata a un curatore (in un caso a due) e propone ipotesi interpretative della nostra cultura visiva contemporanea in relazione con il contesto internazionale, traducendole con soluzioni di scrittura e dispositivi allestitivi estremamente diversificati.

Simone Ciglia e Luigia Lonardelli in "I would prefernot to/Preferirei di no" presentano una selezione di autori esemplificativi di un’attitudine diffusa del fare arte oggi, riconducibile a un sottrarsi, a un resistere a codificazioni identitarie.

Michele D’Aurizio con "Ehi, voi!" propone la ritrattistica come linguaggio tramite cui attraversare le vicende più recenti della nostra arte, per la sua capacità di esprimere una commistione tra sfera individuale e sfera sociale.

Luigi Fassi con "La democrazia in America" invita ad approfondire alcuni aspetti della storia dell’Italia contemporanea attraverso una rilettura del pensiero di Tocqueville.

Simone Frangi in "Orestiade italiana" volge lo sguardo al contesto del nostro Paese nei suoi versanti culturale, politico, economico, con  una riscrittura analogica e corale di alcuni nuclei di un lavoro filmico di Pasolini.

Luca Lo Pinto in "A occhi chiusi", gli occhi sono straordinariamente aperti sonda i temi del tempo, dell’identità, della memoria, letti in continua metamorfosi all’interno della relazione tra il singolo e la collettività.

Matteo Lucchetti in "De Rerum Rurale" pone al centro dell’attenzione la ruralità come spazio reale e speculativo nel quale descrivere e re-immaginare il sistema di relazioni tra ambiente naturale e antropizzato, anche nella sua profondità storica.

Marta Papini in "Lo stato delle cose" propone un impianto in progress nel quale la rotazione di artisti molto diversi instaura uno spazio dialettico tra le singole ricerche e tra queste e il pubblico.

Cristiana Perrella in "La seconda volta" individua un nucleo di autori accomunati da un interesse per l’uso di materiali densi di storie già vissute che reinterpretano in insospettabili combinazioni, secondo una poetica della trasformazione.

Domenico Quaranta con "Cyphoria" analizza l’impatto dei media digitali su vari aspetti della vita, dell’esperienza, dell’immaginazione e del racconto.

Denis Viva in "Periferiche" individua nel policentrismo un’originale condizione strutturale del nostro territorio che permea anche la nostra cultura visiva.

Saranno esposte le opere di 99 artisti, gran parte dei quali si sono affermati negli anni Duemila. Accanto a questi, compaiono alcuni autori di generazioni antecedenti, ma ritenuti germinativi di alcune delle ricerche espressive più interessanti oggi in atto. Il visitatore – a partire dalla centrale Rotonda che durante la mostra sarà animata da performance, incontri, proiezioni che sono parte integrante dei progetti espositivi di molti curatori – è lasciato libero di iniziare la propria esperienza di visita da una qualsiasi delle dieci sale espositive.

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