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La donna che ha ospitato per 9 anni il presunto jihadista: “Era come un figlio, sia maledetto”

Per nove anni Mouner El Aoual, il 29enne marocchino arrestato dai carabinieri del Ros, è stato ospite di una famiglia italiana che nulla sapeva delle sue frequentazioni sul web. “Mi chiamava mamma e mi faceva la spesa”, ha raccontato la 66enne torinese.
A cura di Susanna Picone
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Il giorno dopo l’arresto di Mouner El Aoual, alias Mido, il ventinovenne marocchino accusato di attività finalizzata di terrorismo internazionale, di istigazione a delinquere e apologia di reato aggravati, a parlare è la donna che per nove lunghi anni lo ha accolto in casa sua a Torino. Si tratta di una signora di sessantasei anni che insieme a suo figlio ha ospitato il presunto jihadista, irregolare in Italia dal 2008, e che a quanto pare nulla sapeva delle attività che ieri hanno portato al suo arresto. “Che Dio lo maledica. Noi gli abbiamo dato un tetto, un letto. E lui ci ha traditi”, si è sfogata la signora spiegando che il giovane dormiva fuori dalla moschea e non aveva da mangiare e per questo di averlo accolto in casa. “Per me era come un figlio”, ha ammesso ancora la donna. “Non so – ha raccontato ancora la sessantaseienne- se Mido pregasse. So che faceva il Ramadan. Mi aveva spiegato come si cucina alla fine del digiuno. Mi chiamava ‘mamma', mi ha aiutato nel trasloco, mi faceva la spesa, portava fuori il cane. Mai avrei pensato a una cosa del genere. È stata una coltellata al cuore”.

Per il gip è un soggetto estremamente pericoloso – Secondo gli inquirenti Mouner El Aoual promuoveva sul web l'ideologia del Califfato Islamico e istigava a compiere attentati contro i “miscredenti” giustificando e inneggiando i recenti attentati commessi in Germania, Svezia e Francia. Su una chat il marocchino aveva esternato la volontà di pianificare un attentato terroristico in Italia ed era alla ricerca di altri sodali per la sua realizzazione. Il giudice per le indagini preliminari nell'ordinanza di custodia cautelare lo ha definito un “soggetto estremamente pericoloso”, una descrizione che si scontra con quella che era l’idea della sua “famiglia” torinese e anche dei suoi vicini di casa che ne parlano come di “un ragazzo educato e gentile”.

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