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La Cultura scende in piazza contro la riforma Franceschini: “Salviamo l’articolo 9”

Teatro, danza, musica, cinema, musei, archivi e biblioteche scenderanno in piazza, il prossimo 7 maggio, per manifestare contro la riforma Franceschini. Una parte della cultura italiana si è schierata decisamente contro l’operato del Ministero dei Beni e delle attività culturali, rivendicando la necessità di riaprire il dibattito soprattutto su tutela e valorizzazione, ma anche sui comitati scientifici presenti nei musei e l’insegnamento della Storia dell’arte nelle scuole. Importanti nomi, da Bray a Settis, parteciperanno: ecco il programma e le finalità della manifestazione.
A cura di Federica D'Alfonso
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Il ministro Dario Franceschini
Il ministro Dario Franceschini

La Cultura contraria alla riforma voluta dal ministro Franceschini fa fronte comune e si prepara a scendere in piazza. "Paesaggio e patrimonio storico e artistico della Nazione sono oggi in gravissimo pericolo", denunciano i promotori: lanciata dalla piattaforma Emergenzacultura.org, a cui fanno capo fondazioni, teatro, danza, musica, cinema, musei, archivi, biblioteche con il sostegno di nomi illustri del settore, da Settis a Bray, da Montanari a Emiliani e Paris, e con la partecipazione di associazioni e sindacati, la manifestazione si terrà a Roma il 7 maggio, preceduta, il 6 maggio, da una giornata di convegno.

L'iniziativa "Emergenza cultura: difendiamo l’art.9" è stata organizzata partendo da una proposta di Tommaso Montanari, professore di Storia dell'Arte moderna all'Università degli Studi di Napoli Federico II e collaboratore de Il Fatto Quotidiano e del Corriere del Mezzogiorno, oltre che di Repubblica; Montanari ha riunito a Roma un gruppo di associazioni e professionisti dei beni culturali in forte disaccordo con le politiche culturali del Governo Renzi e del suo Ministero dei Beni artistici e culturali guidato dal Ministro Dario Franceschini: quello che li unisce? "La preoccupazione per le condizioni in cui viene lasciata la cultura nel nostro paese: dai musei alle biblioteche, dagli archivi, ai siti archeologici, agli istituti di restauro, all'insegnamento della storia dell’arte, tutto ciò che non è immediatamente riconducibile a fonte di profitti è in stato di abbandono, quasi che l’unica dimensione degna di interesse per la comunità sia quella biecamente economica", sostengono i promotori di Emergenzacultura.

La manifestazione si articolerà in due momenti: un primo di dibattito a Roma, in sede ancora da definire, nel corso del quale interverranno alcune personalità di competenza in materia di tutela e valorizzazione dei beni paesaggistici e culturali nel paese. Il secondo momento sarà quello della manifestazione, il 7 maggio, "che vuole significare una riappropriazione da parte della cittadinanza di quei beni che la nostra carta costituzionale le intesta".

Nel mirino del movimento il ministro Franceschini e la sua "la miope e pericolosissima separazione tra tutela e valorizzazione", oltre che un secco no alla trasformazione dei musei in fondazioni di partecipazione "aperte agli enti locali e ai privati" e all'accorpamento delle soprintendenze archeologiche. Ma si parlerà anche anche di assunzioni, investimenti per ricerca e istruzione, e dell’introduzione dello studio di storia dell'arte dal primo anno delle superiori.

Il documento

Le adesioni alla piattaforma sono state numerose, dalle Associazioni ai partiti alle singole personalità del settore, come Massimo Bray, Roberta de Monticelli, Carlo Ginzburg e Salvatore Settis, fra gli altri. Il movimento ha prodotto anche un documento, che riassume i punti salienti delle rivendicazioni da portare in piazza il prossimo 7 maggio:

Denunciamo che “il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della nazione” (art. 9 Cost.) sono oggi in gravissimo pericolo. Le generazioni future rischiano di non ricevere in eredità l’Italia che noi abbiamo conosciuto. Il nostro è un grido di allarme: è emergenza per la cultura! Noi vogliamo che la cultura sia davvero un servizio pubblico essenziale: che le biblioteche e gli archivi funzionino come negli altri paesi europei, che i musei siano fabbriche di sapere, che le scuole formino cittadini e non consumatori, che la salvezza dell’ambiente in cui viviamo sia l’obiettivo più alto di ogni governo. Per questo chiamiamo a raccolta tutte le cittadine e i cittadini italiani: li chiamiamo a scendere in piazza, a Roma, il 7 maggio 2016.

Il gruppo chiede che si tralasci “la filosofia dei beni culturali come pozzi petroliferi”, che comporta lo sfruttamento intensivo di una piccola porzione del patrimonio e l’abbandono e l’incuria per la maggioranza dei siti. Continuare a fare tutela, ma anche valorizzazione: ecco dunque la volontà di riaprire il dibattito sulla presenza delle realtà scientifiche permanenti nei musei e sul processo di selezione del personale, aspetti non meno importanti della complessa questione “culturale”.

Si ridiscuterà anche dell’insegnamento della Storia dell’arte nelle scuole italiane: che la si insegni in tutte le scuole secondarie. “Che la si insegni con particolare attenzione alle sue implicazioni culturale, a livello locale, nazionale e internazionale. Chiediamo che, subito, si cominci col ripristinare le molte ore tagliate dalla Riforma Gelmini e che gli insegnanti siano quei laureati e abilitati in Storia dell’arte, la cui preparazione costituisce un valore aggiunto per un’offerta formativa non solo culturale, ma anche civica e sociale”.

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