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La Camera dice no ai farmaci di fascia C nelle parafarmacie

La vendita sarà ancora esclusiva delle farmacie, duro commento della grande distribuzione: “Si è preferito tutelare le lobby”
A cura di Antonio Palma
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I farmaci di fascia C, cioè quelli utilizzati per patologie di lieve entità e acquistabili con ricetta ma a totale carico di chi li compra, continueranno ad essere venduti esclusivamente nelle farmacie. La Camera dei deputati infatti ha bocciato l'emendamento di Scelta civica al Ddl concorrenza che puntava proprio alla liberalizzazione dei farmaci di ‘fascia c' prevedendo la vendita nelle parafarmacie. Contro l'emendamento del resto si erano schierati anche governo e relatori che avevano dato parere negativo. Poco prima sullo stesso tema erano state presentate e respinte analoghe proposte anche da parte di Sel e da Marco Di Stefano del Pd. Una battaglia persa per la grande distribuzione che aveva puntato molto sul testo per allargare il bacino di utenza delle parafarmacie dei grandi supermercati. Delusione è stata espressa dalla Federazione nazionale parafarmacie che aveva auspicato che i deputati "facessero gli interessi del Paese e non quelli di chi condiziona la politica della nazione a proprio esclusivo vantaggio"

"Ancora una volta, si è preferito tutelare le lobby che, forti di posizioni acquisite quanto irrinunciabili, hanno interessi che non sono certi quelli dello sviluppo e della crescita del Paese" hanno attaccato dal gruppo Conad, tra i leader della grande distribuzione in Italia, aggiungendo: "Il no alla liberalizzazione dei farmaci di fascia C è una decisione presa contro i cittadini. Se la liberalizzazione del mercato farmaceutico avesse interessato anche la vendita di farmaci di fascia C i cittadini avrebbero risparmiato dai 500 agli 800 milioni l'anno, in un comparto che su base Italia pesa il 30 per cento in più rispetto ai farmaci di automedicazione già liberalizzati".

Nel ddl concorrenza via libera soltanto alla facoltà per le società di capitali di acquisire le farmacie private, con una serie di incompatibilità, e ad un emendamento in base al quale le farmacie dei piccoli comuni (con meno di 6.600 abitanti) che risultano ormai in sovrannumero rispetto alla popolazione potranno chiedere il trasferimento in un altro comune della stessa regione, pagando una tassa governativa una tantum pari a 5000 euro.

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